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ZURIGOSpionaggio economico: oggi la sentenza per i tre tedeschi

11.04.19 - 07:23
La vicenda riguarda una "consulenza fiscale" prestata da una banca basilese a un miliardario tedesco
tipress (archivio)
I tre cittadini tedeschi sono stati incriminati per aver trasmesso alla giustizia tedesca documenti bancari relativi al miliardario tedesco Erwin Müller
I tre cittadini tedeschi sono stati incriminati per aver trasmesso alla giustizia tedesca documenti bancari relativi al miliardario tedesco Erwin Müller
Spionaggio economico: oggi la sentenza per i tre tedeschi
La vicenda riguarda una "consulenza fiscale" prestata da una banca basilese a un miliardario tedesco

ZURIGO - È attesa oggi a Zurigo la sentenza del Tribunale distrettuale nei confronti di tre tedeschi accusati di spionaggio economico e violazione del segreto bancario. La vicenda riguarda una "consulenza fiscale" prestata da una banca basilese a un miliardario tedesco.

Sul banco degli imputati sono comparsi alla fine di marzo due ex dipendenti della banca privata J. Safra Sarasin e l'avvocato di Stoccarda Eckart Seith. Il Ministero pubblico ha chiesto pene detentive da scontare per i tre imputati, che hanno tutti respinto le accuse.

I dati del miliardario Müller - I tre cittadini tedeschi sono stati incriminati per aver trasmesso alla giustizia tedesca documenti bancari relativi al miliardario tedesco Erwin Müller, 86 anni, proprietario della catena di drogherie Müller presente anche in Svizzera.

In Germania Müller - che da anni figura sulla lista degli uomini più ricchi del pianeta stilata da Forbes - ha vinto una causa milionaria contro la banca J. Safra Sarasin, alla quale rimproverava di essere stato tratto in inganno e mal consigliato in fatto di ottimizzazione fiscale.

La banca basilese lo aveva in effetti indotto a investire in un fondo lussemburghese altamente rischioso. Il fondo Sheridan praticava le controverse operazioni "cum ex", basate su ripetute richieste di rimborso delle imposte sul reddito del capitale inoltrate alle autorità tedesche.

Il sistema "cum ex", smascherato da un'inchiesta giornalistica internazionale, ha provocato perdite miliardarie al fisco di diversi paesi europei. Nel 2012 questo tipo di operazioni fu vietato in Germania e il fondo lussemburghese crollò come un castello di carte.

Risarcimento milionario - L'avvocato Eckart Seith ha rappresentato gli interessi del miliardario 86enne davanti al tribunale regionale di Ulm, in Germania, che nel maggio del 2017 obbligò la banca di Basilea a versare al "re delle drogherie" un risarcimento di 45 milioni di euro.

Per provare le sue accuse, l'avvocato utilizzò dei documenti "confidenziali" ricevuti dai due ex dipendenti della banca. Una di queste carte era una perizia commissionata dalla banca stessa, che ha confermato come il miliardario tedesco fosse stato effettivamente mal consigliato.

Davanti al tribunale di Zurigo, il procuratore ha rimproverato all'avvocato tedesco di essere entrato in possesso, "in maniera illegale", di documenti tutelati dal segreto bancario e di averli utilizzati non solo davanti al tribunale di Ulm, ma di averli anche trasmessi allo Stato tedesco.

Le richieste di pena - Per questo motivo, la pubblica accusa ha richiesto nei suoi confronti una condanna a tre anni e mezzo di detenzione senza la condizionale. "Rifarei tutto esattamente allo stesso modo", ha dichiarato in aula l'avvocato Seith, che si è inoltre detto "fiero" di aver contribuito a far luce su uno dei più grandi scandali fiscali che ha interessato il suo paese.

Per il suo principale informatore la pubblica accusa ha richiesto una condanna a 3 anni e 10 mesi di prigione, dai quali potranno essere dedotti i 6 mesi già passati in detenzione preventiva. Per il secondo complice, che ha già passato 2 due anni dietro le sbarre, la richiesta di pena è stata di tre anni. In base all'atto d'accusa, i due ex dipendenti della banca basilese concordarono con l'avvocato un compenso di 450'000 euro per la consegna dei documenti.

La banca privata basilese ha sempre negato gli addebiti e ha presentato ricorso contro la sentenza tedesca. Le attività oggetto della vertenza risalgono al periodo in cui Sarasin era controllata dal gruppo olandese Rabobank: dal 2011 l'istituto con sede a Basilea è passato nelle mani della brasiliana Safra.

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