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BERNANon è competenza della giustizia svizzera chiedere risarcimenti per torture in Tunisia

15.03.18 - 14:37
Il no definitivo da Strasburgo a un tunisino naturalizzato svizzero che voleva imporre alla sua terra d'origine la richiesta danni
Non è competenza della giustizia svizzera chiedere risarcimenti per torture in Tunisia
Il no definitivo da Strasburgo a un tunisino naturalizzato svizzero che voleva imporre alla sua terra d'origine la richiesta danni

STRASBURGO / BERNA - No definitivo da Strasburgo a un tunisino naturalizzato svizzero che, affermando di essere stato torturato nel suo paese d'origine, aveva chiesto invano alla giustizia elvetica di imporre alla Tunisia un risarcimento. Anche la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha respinto il suo ricorso.

Già il 21 giugno 2016 la prima Camera della CEDU aveva deciso, con una maggioranza risicata di quattro voti su tre, che non è stato violato l'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Questo sancisce il diritto a un processo equo.

Nella sentenza pubblicata oggi la Grande Camera, con un risultato assai più chiaro (15 voti contro 2) conferma il giudizio della prima Camera, che a sua volta confermava quello del Tribunale federale e delle istanze elvetiche precedenti.

Il ricorrente, nato nel 1962 in Tunisia e residente a Versoix nel canton Ginevra, dopo aver ottenuto l'asilo in Svizzera aveva presentato alla giustizia ginevrina una richiesta di riparazione per atti di tortura subiti nel suo paese.

Secondo le sue affermazioni, nell'aprile 1992 era stato arrestato in Italia e successivamente condotto a Tunisi da agenti tunisini. Lì sarebbe stato torturato nei locali del ministero dell'Interno, dal 24 aprile al primo giugno, su ordine dell'allora ministro dell'Interno Abdallah Kallel. In seguito sarebbe riuscito a fuggire e a rifugiarsi in Svizzera nel 1993, dove ha ottenuto l'asilo nel 1995.

Il 14 febbraio 2001, dopo aver appreso che Kallel era ricoverato in ospedale in Svizzera, l'uomo aveva presentato contro di lui una denuncia penale alla Procura cantonale ginevrina, costituendosi parte civile. Nel frattempo l'ex ministro aveva però già lasciato la Svizzera e la Procura aveva così archiviato il caso.

L'8 luglio 2004 il tunisino ha presentato al tribunale di prima istanza di Ginevra una richiesta di risarcimento a carico della Tunisia. Questo si è però dichiarato non competente e la stessa risposta è giunta in appello il 15 settembre 2006 da parte della Corte di giustizia ginevrina. Una risposta confermata il 22 maggio 2007 da parte del Tribunale federale. La suprema corte di Losanna ha giudicato che i tribunali svizzeri non sono in alcun modo competenti "in ragione del luogo".

Il tunisino ormai naturalizzato svizzero si è infine rivolto a Strasburgo, sostenendo che la sua richiesta di far giudicare il caso da un tribunale elvetico si basava sul diritto di necessità previsto dalla Legge federale sul diritto internazionale privato. Stando al legale della presunta vittima di torture, il ricorso a una corte elvetica è necessario poiché in Tunisia le cause per tortura non vengono neppure esaminate. Il denunciante non può peraltro nemmeno far ritorno in Tunisia per far valere i suoi diritti.

Strasburgo ha però dato ragione ai tribunali svizzeri, ora a titolo definitivo. Nella nota diramata per riassumere la sentenza si rileva tra l'altro che tra i 39 paesi esaminati in uno studio di diritto comparato intrapreso dalla CEDU solo i Paesi Bassi riconoscono la competenza universale in materia civile per gli atti di tortura.

In definitiva, "la Corte conclude che il diritto internazionale non obbligava le autorità svizzera ad aprire il loro foro" al ricorrente "a titolo di una competenza universale civile per atti di tortura". Essa constata d'altro canto che non sussiste neppure "un obbligo di diritto internazionale convenzionale che obblighi gli Stati a prevedere un foro di necessità" per esaminare la richiesta di riparazione.

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