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BERNALibera circolazione, quando il Consiglio federale ci disse...

01.12.13 - 11:10
Tredici anni fa, quando gli svizzeri votarono la libera circolazione delle persone, il Governo federale disse loro che non ci sarebbero stati più di 10mila immigrati all'anno. Oggi ne arrivano oltre 70mila
Foto d'archivio (Keystone)
Libera circolazione, quando il Consiglio federale ci disse...
Tredici anni fa, quando gli svizzeri votarono la libera circolazione delle persone, il Governo federale disse loro che non ci sarebbero stati più di 10mila immigrati all'anno. Oggi ne arrivano oltre 70mila

BERNA - Sono passati 13 anni dalla decisione degli svizzeri di accettare i contratti bilaterali di libera circolazione delle persone con l'Unione Europea. Era il 21 maggio del 2000.

Allora il Consiglio federale, nel suo libretto informativo che accompagna le schede di voto, rassicurava gli svizzeri, dicendo loro di non avere paura, perché, "come insegnano le esperienze fatte nell'Unione Europa, non ci sarà un forte aumento in Svizzera di cittadini europei. In verità, i movimenti migratori all'interno dell'Unione sono scarsi". Il Governo federale, che caldeggiava per l'accordo, scriveva: "Studi indipendenti sono giunti alla conclusione che non vi saranno effetti negativi sul mercato del lavoro e sui livelli salariali in Svizzera".

Ma non finisce qui. Il Consiglio federale, come si legge sul Tages-Anzeiger, che ha ripreso un articolo della Sonntagszeitung di oggi, per presentare gli effetti dell'entrata in vigore degli accordi bilaterali legati ai flussi migratori in Svizzera, si era affidato ad uno studio del professore di economia Thomas Straubhaar. Egli giunse alla conclusione che, all'anno, sarebbero giunti in Svizzera, facendo il saldo tra emigrati ed immigrati, al massimo 10mila cittadini europei. Ebbene, con l'apertura totale delle frontiere all'Unione europea, dagli Stati dell'Unione, dal 2007 ad oggi sono arrivati dai 63.261 ai 76.681 nuovi lavoratori all'anno. Nuovi lavoratori che hanno ottenuto il permesso di soggiorno in Svizzera. In questa statistica non vengono presi in considerazione i lavoratori frontalieri.
 
Questi dati non lasceranno indifferenti i tanti elettori, soprattutto ticinesi, che già allora votarono "no", consapevoli delle conseguenze dell'apertura così repentina delle frontiere . In tanti vi era il timore, in una Svizzera così liberale e carissima, che i vantaggi degli accordi sarebbero andati alle multinazionali e ai datori di lavoro e non ai lavoratori dipendenti o ai piccoli artigiani o ai piccoli imprenditori, costretti ad affrontare un'agguerritissima concorrenza dall'estero di lavoratori disponibili a prezzi scontatissimi.

Gli ambienti economici e politici favorevoli agli accordi bilaterali stanno cominciando a temere le conseguenze di quelle che potrebbero essere le conseguenze di un sì all'iniziativa UDC, che voteremo il prossimo 9 febbraio, "contro l'immigrazione di massa". In un'intervista alla "Schweiz am Sonntag" il nuovo presidente di Economiesuisse, Heinz Karrer ha ammonito: "L'iniziativa mette in pericolo gli accordi della Svizzera con l'Unione Europea. L'iniziativa dell'UDC non è compatibile con la nostra via bilaterale".

Karrer, che ha dichiarato di comprendere le paure della popolazione sul forte aumento del numero di immigrati, ha avanzato una proposta per limitare l'arrivo di forza lavoro dall'estero: "Se vogliamo meno immigrati dobbiamo fare in modo che il potenziale della nostra forza lavoro interna sia meglio sfruttata, come per esempio fare lavorare di più le donne. Più donne svizzere lavorano meno abbiamo bisogno di stranieri".

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