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SVIZZERAGli esperti di coronavirus minacciati di morte

02.07.21 - 10:03
Politici e medici presi di mira da anonimi. E soltanto nel 2020, la polizia federale ha ricevuto 885 segnalazioni
Archivio Depositphotos
Fonte 20 Minuten / Bettina Zanni
Gli esperti di coronavirus minacciati di morte
Politici e medici presi di mira da anonimi. E soltanto nel 2020, la polizia federale ha ricevuto 885 segnalazioni
Un sociologo afferma che il fenomeno potrebbe avere conseguenze «devastanti» sulla nostra democrazia

ZURIGO - Politici e medici che durante la pandemia hanno preso la parola sono anche finiti nel mirino di minacce di morte. «Mi è stata inviata una mail in cui mi si diceva che persone come me vanno massacrate» afferma l'infettivologo Andreas Widmer. Una situazione in cui si trova anche il collega Andreas Cerny: «Da quando mi sono espresso pubblicamente sulla pandemia, ho ricevuto insulti e anche messaggi minacciosi come “Pagherai le conseguenze di quello che fai”».

Reazioni violente ci sono state anche nei confronti del virologo tedesco Karl Lauterbach: questi «matti» andrebbero «sterminati» ha commentato qualcuno nel canale Youtube del turgoviese Daniel Stricker, uno scettico delle misure anti-coronavirus.

E nel mirino ci sono anche i medici cantonali, che hanno a che fare con l'accusa, per esempio, «di voler danneggiare la salute delle persone e privarle della loro libertà con mascherine, test in serie o vaccinazioni» afferma Rudolf Hauri, presidente dell'Associazione dei medici cantonali.

Poi ci sono i politici. «Dall'inizio della pandemia ho ricevuto alcune lettere o e-mail con minacce di morte» dice la consigliera nazionale Ruth Humbel (Centro). Si sono mostrati particolarmente aggressivi gli oppositori della vaccinazione, spiega, senza andare però nel dettaglio. In una mail di cui è in possesso 20 Minuten, un ignoto ha scritto: «Traditori del popolo e criminali come lei devono finire davanti a un giudice e fucilati in pubblico».

Anche la deputata Katharina Prelicz-Huber (Verdi) condivide la sua esperienza: «Ho già ricevuto messaggi da persone che mi vorrebbero vedere morta». Le minacce da parte dei critici delle misure anti-Covid sono aumentate. «È scioccante quanto siano estremi i toni delle persone che non sono d'accordo con quanto si sta facendo».

Nel 2020 le minacce sono aumentate - I dati delle autorità confermano il fenomeno: con 885 segnalazioni nel 2020 e 246 nel 2019, con la pandemia il numero delle minacce è quasi quadruplicato, come si evince dal rapporto annuale della polizia federale. Si tratta di minacce dirette a membri del Consiglio federale e del Parlamento, come pure a magistrati e dipendenti dell'Amministrazione federale. Un certo I.H.* ha persino offerto una ricompensa per l'uccisione del ministro della sanità Alain Berset.

E anche a livello cantonale le minacce non sono da meno. «Ci sono state lettere minatorie nei confronti dei membri del Consiglio di Stato bernese» conferma il vice-portavoce Simon Koch.

«Minacciavano di venirmi a trovare» - Il fenomeno interessa però anche chi si oppone ai provvedimenti decisi dalle autorità. Tra questi, per esempio, c'è Nicolas A. Rimoldi, co-presidente del movimento “Mass-Voll!” (La misura è colma): «Ho ricevuto messaggi di ogni genere: dagli insulti agli attacchi fisici e alle minacce di morte». Qualcuno sui social media gli ha pure scritto di conoscere il suo luogo di residenza: «Hanno minacciato di venirmi a trovare se non l'avrei smesso con la mia politica». Una minaccia che è stata segnalata alle autorità. Poi la situazione si è calmata.

I destinatari delle minacce hanno perlopiù rinunciato a segnalarle alle autorità. Non ci si lascia subito intimidire, afferma Andreas Widmer: «Ma non ci si sente del tutto a proprio agio, perché dopo tante parole di solito ci sono i fatti». Katharina Prelicz-Huber afferma che «sporgendo denuncia, spesso si scaldano gli animi di queste persone. Ma sostegno ogni persona minacciata che segnala la situazione». Ruth Humber dice di non aver sporto denuncia, nonostante le fosse stato consigliato di farlo.

Meglio tacere - Le reazioni violente fanno sì che spesso le persone minacciate preferiscano tacere. A 20 Minuten sono noti casi in cui rappresentanti dell'opinione pubblica sono stati minacciati di morte per le loro dichiarazioni. O che per paura di tali minacce si siano persino rifiutati di prendere posizione.

«Ho sempre apprezzato la grande diversità delle opinioni che c'è in Svizzera. Ora accade anche da noi che si cerchi di mettere a tacere le persone con le minacce. E questo mi delude» dice ancora Katharina Prelicz-Huber. Il sociologo Marko Kovic segue con preoccupazione l'attuale cultura del dibattito (vedi box).

*Nome noto alla redazione

«Un disastro per la nostra democrazia»

Marko Kovic*, aumentano le minacce di morte nei confronti di personaggi pubblici. Alcune persone preferiscono allora tacere. Cosa significa per la nostra democrazia?
«Non poter più esprimere pareri differenti è devastante per la nostra democrazia. Questo mi preoccupa. Spero che la cultura del dibattito resti intatta dopo la pandemia. Ma sfortunatamente non si può essere troppo ottimisti».

Come mai no?
«La rabbia che si è accumulata in alcune persone, non se ne va da un giorno all'altro. Anche se i provvedimenti anti-coronavirus e la questione della vaccinazione non saranno più temi d'attualità, in loro ci sarà ancora rabbia. Resta la sensazione di essere stati “ingannati dal sistema”. Di conseguenza, queste persone reagiranno anche emotivamente piuttosto che razionalmente ad altre questioni politiche».

È ancora possibile evitare questa situazione?
«L'agire in modo irrazionale fa parte della natura umana. Ma si tratta di un comportamento che viene rafforzato, per esempio, dai social media. Questi ultimi mirano a dividere le persone. È fondamentale portare avanti una discussione per comprendere cosa stia andando storto sui social media. Per quanto la Svizzera sia piccola, ha comunque la facoltà di obbligare per esempio Facebook a un monitoraggio più attento dei nostri contenuti così da rilevare odio e minacce. Nelle scuole, i giovani dovrebbero ricevere gli strumenti per sfuggire al fenomeno».

*Marko Kovic è sociologo ed esperto di teorie del complotto

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