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ZURIGO«Io, maestra di asilo nido a Zurigo, vado a lavorare con l'angoscia»

10.04.20 - 19:30
La preziosa testimonianza di un'educatrice prima infanzia a lavorare senza protezioni.
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Giovedì a Zurigo
Giovedì a Zurigo
«Io, maestra di asilo nido a Zurigo, vado a lavorare con l'angoscia»
La preziosa testimonianza di un'educatrice prima infanzia a lavorare senza protezioni.
«Esco con la mascherina e so già che avrò mille occhi addosso. Mi guarderanno come si guarda una pazza»

ZURIGO - Floriana (nome di fantasia), ha 28 anni e si è trasferita in Svizzera tedesca da 7 anni: lavora come maestra di asilo nido a Zurigo. Ama molto la sua professione, ama molto la città in cui vive.

Ma da qualche settimana le giornate di Floriana sono diventate estremamente pesanti. Andare al lavoro è ormai una tortura, non si sente tutelata, ha paura. La causa è chiara: il coronavirus.

Quello che ci chiediamo è: come mai Floriana vive questo disagio? Sul posto di lavoro sono state adottate misure sufficienti? In teoria sì - spiega l'insegnante. Per tutelare chi come me è costretto a lavorare, la Direzione dell'asilo ha fissato una distanza minima di 5 metri fra una persona e l'altra. Ma sappiamo che dalla teoria alla pratica spesso le cose cambiano: e così capita di prendere in braccio i bambini e scambiarseli fra genitori e altre colleghe e colleghi. Ma non solo: spesso i bambini sono essi stessi veicoli asintomatici dell'infezione, e tenere la distanza soprattutto con i più piccini, che hanno bisogno di essere accuditi e seguiti da vicino, è davvero una chimera. Bisogna cambiar loro il pannolino, dargli da mangiare, aiutarli a vestirsi». E le mascherine? «Vietate tassativamente. Spaventeremmo i bambini. Devo dire la verità: sapere che i maestri delle scuole elementari fa rabbia». 

Asili meno affollati, ma ancora troppo affollati - «Io da una parte capisco i genitori che hanno pagato la quota dell'asilo, e intendono usufruirne - continua Floriana, ricordando però la situazione straordinaria che stiamo vivendo. «Non posso dire che non ci sia stato un calo di frequenze. Da 55 posti disponibili, fino a settimana scorsa abbiamo ospitato 12 bambini. Però non tutti portano i loro figli per necessità, per motivi di conciliabilità famiglia-lavoro. Mi è capitato per esempio di sentire una nonna asserire che tornava a portare il bambino all'asilo perché a casa si annoiava. Lo trovo assurdo, non rispettoso del personale che in questo momento sta mettendo a repentaglio la sua salute per aiutare in questa difficile situazione. Oppure ci sono genitori che lavorano da casa e preferiscono non avere i piccoli fra i piedi».

"Ho paura, ma me lo tengo per me" - «Al lavoro mi sento esposta. Nessuno può dire che io stessa non sia veicolo della malattia. Chi può dire quali sono gli asintomatici?».

Ma i colleghi, le colleghe? Come vivono la situazione? «Siamo un nido abbastanza grande. Ci sono tanti dipendenti, e non tutti la pensano allo stesso modo. Andiamo da colleghi giovani che sottovalutano la situazione ad un collega che ha molta paura, e quindi si occupa di altro, per esempio delle pulizie, per evitare che trasmetta il terrore ai bambini».

Ma esprimere la propria ansia? Far sentire la propria voce preoccupata? «Sinceramente ho paura di dire queste cose, ho timore di espormi. Temo di essere giudicata pazza. Ogni tanto racconto ai colleghi di quello che vedo sui tg italiani, della situazione che c'è al di là delle Alpi. Ma le mie parole sembrano cadere nel vuoto. Ho come l'impressione che credano di essere invincibili».

Insomma, sembra che il messaggio del pericolo non sia passato. «Assolutamente no. Se mi affaccio alla finestra, oggi, che è una bella giornata, vedo persone molto tranquille camminare per strada, tutte insieme, prendere i mezzi pubblici come se niente fosse. Nessun guanto, nessuna mascherina».

Una sensazione brutta - «Mi sento abbandonata. Da tutti. Ero molto felice di lavorare in questo asilo, ma ultimamente mi vengono molti dubbi. Ho come l'impressione che ci trattino come cittadini di serie B. Possiamo ammalarci».

Quello che dà più fastidio a Floriana è percepire che l'economia sia una priorità assoluta: «Ho sentito dire frasi di questo tipo: Non possiamo fermare l'economia per un po' di tosse. Si sentono invincibili. Adesso sto per andare al supermercato a fare un po' di spesa. Esco con la mascherina e so già che avrò mille occhi addosso. Mi guarderanno come si guarda una pazza. È una situazione insostenibile, spero che presto le persone apriranno gli occhi».

 

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