Lo storico Claude Barbier mette in guardia su un possibile problema culturale: «Spesso questi lavoratori non comprendono gli usi e i costumi locali»
GINEVRA - L'arrivo di frontalieri provenienti da regioni francesi sempre più lontane e sempre meno in linea con i costumi elvetici sta creando problemi a Ginevra: lo sostiene lo storico franco-svizzero Claude Barbier, secondo cui non basta un treno - il nuovo Léman Express - per far nascere una vera "Grande Ginevra" coesa.
Il Léman Express - la più grande rete celere transfrontaliera d'Europa, inaugurata in dicembre - potrà contribuire a unire le popolazioni delle due parti della frontiera, ma c'è ancora parecchio da fare, anche perché gli ostacoli sono importanti: a cominciare dalle strutture politiche, federali da una parte e centralizzate dall'altra, afferma Barbier in un'intervista diffusa oggi dalla radio romanda RTS.
Lo specialista ammette che esistono tensioni fra Ginevra e la cosiddetta "France voisine": ma a suo avviso non bisogna dimenticare che sussistono frizioni anche fra Ginevra e Vaud, oppure nell'ambito della stessa agglomerato lemanico, fra il cantone e comuni.
Vi è comunque la spinosa questione dei frontalieri. «L'afflusso massiccio di popolazione che viene a lavorare a Ginevra senza comprendere i costumi locali crea difficoltà», ammette. Il fatto inoltre che le cerchie di provenienza dei frontalieri si siano ampliate - a Ginevra giungono sempre più spesso persone da Lione, Grenoble o Parigi - ha cambiato la situazione negli equilibri di fondo del vivere comune. «Avevamo una popolazione frontaliera che era vicina a Ginevra e che si era elvetizzata molto facilmente: ora ci troviamo confrontati con gente che viene da molto più lontano, e che non comprende i costumi locali e che, forse, culturalmente cercherà d'imporre i propri ai ginevrini», osserva l'esperto. «Capisco che vi sia una reazione anti-frontalieri».
Il tema del lavoro rimane in primo piano. «Ci sono pressioni sui salari», sottolinea lo storico. «E riguardo al futuro dell'impiego credo che a Ginevra ci si lasci andare a una sorta di torpore: ginevrini svegliatevi, il mondo sta cambiando, i posti di lavoro sono minacciati dalla digitalizzazione», mette in guardia il professore universitario.