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Attualità«L’Isis non ha alcuna ragione per attaccare la Svizzera»

21.04.19 - 21:42
Il gruppo jihadista avrebbe pianificato un attacco contro un deposito renano di combustibile per l’inizio dell’anno. Un’azione che avrebbe colpito anche Francia e Germania
«L’Isis non ha alcuna ragione per attaccare la Svizzera»
Il gruppo jihadista avrebbe pianificato un attacco contro un deposito renano di combustibile per l’inizio dell’anno. Un’azione che avrebbe colpito anche Francia e Germania

BASILEA - Cisterne contenenti petrolio situate presso il porto sul Reno erano l’obiettivo di un progetto terroristico dell’Isis, previsto per gennaio, stando ad alcuni documenti segreti riportati dal “Sunday Times”. L’attacco voleva innescare una «catastrofe economica». Ma al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’attentato non voleva colpire la Svizzera, secondo Jacques Baud, esperto in terrorismo, che ha risposto ad alcune domande di 20 Minuten.

Signor Baud, stando ad alcuni documenti l’Isis voleva attaccare dei depositi di petrolio situati nel porto di Basilea…

«Alt. Prima di tutto bisogna dire che stando alle informazioni in mio possesso, non si tratta di un piano d’attacco, ma di un elenco di bersagli. In altre parole, un insieme di possibili destinazioni. Non è stata intrapresa nessuna preparazione concreta. Sarebbe ingannevole affermare il contrario».

Ma perché la Svizzera è nei mirini dell’Isis?

«Non è questo il caso. Penso che l’Isis non abbia alcuna ragione di colpire la Svizzera. Nel passato lo Stato Islamico si è diretto verso i paesi che erano militarmente implicati in Siria o in Iraq, come gli Stati Uniti, la Francia, l’Inghilterra, la Germania o la Svezia. Non ci sono elementi per affermare che l’Isis abbia cambiato il suo orientamento ideologico.
Se l’Isis avesse voluto veramente colpire la Svizzera, avrebbe puntato alla popolazione, e non alle riserve di petrolio in una zona di frontiera. L’idea era probabilmente quella di colpire la Francia e la Germania, con conseguenze anche per la Svizzera. Ma l’obiettivo non siamo noi».

Vuol dire che possiamo abbassare la guardia, e che non succederà mai niente qui da noi?

«No, la Svizzera non è al riparo dal terrorismo, le infrastrutture critiche e la popolazione devono essere protette. Ma finché la Svizzera non sarà implicata in coalizioni contro l’Isis, non sarà considerata come un nemico. E dunque non è un obiettivo. Sia chiaro, non è escluso che ci possano essere degli attacchi contro dei punti caldi, come possono essere le ambasciate francesi o belghe. Ma anche in questo caso la probabilità è piccola: l’Isis potrebbe attaccare le stesse strutture in Giordania, Turchia o Arabia Saudita».

Ma la Svizzera non appartiene all’Occidente, con il quale si scaglia l’Isis?

«No, l’Isis non ha mai detto questo: sono delle dichiarazioni dei politici e di presunti esperti, soprattutto in Francia e Belgio. L’Isis ha già combattuto 70 Paesi in Iraq e Siria, perché aprire un nuovo fronte?
Il loro obiettivo è quello di dissuadere l’Occidente dall’intervenire militarmente, politicamente, religiosamente e umanitariamente nel mondo islamico. Anche se l’Isis non ci è riuscito, quest’idea di fondo resta radicata in altri gruppi jihadisti».

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