La vicenda del giovane eritreo Solomon riapre l'annoso dibattito: ha senso rimpatriare persone che si sono integrate con successo?
THUN - Il 27enne eritreo Salomon Berihu, arrivato in Svizzera 3 anni fa, ha imparato la lingua, ha trovato un lavoro, paga l'affitto e la cassa malati. Poi, un giorno, nella buca trova una lettera che mette il suo mondo sottosopra. Le autorità gli hanno negato il permesso di soggiorno e vogliono verificare la sua situazione.
Così Solomon oggi vive in un centro d'accoglienza, in attesa di una probabile espulsione.
Un caso non isolato, il suo (anche in Ticino ne conosciamo, vedi box in fondo) che ha finito per creare una bella mobilitazione fra amici e conoscenti ma anche nella politica nazionale.
«Possibile che degli afghani che delinquono possono restare in Svizzera e lui deve andarsene?», si è chiesta su Facebook Rebeca Apolo (Zugo, Udc). L'incalzare arriva anche da sinistra: «Non ha senso strappare dal suo mondo una persona così integrata, è crudele», chiosa Martina Munz (Ps). Ma le parole di Apolo non trovano eco fra tutti i democentristi: «Innanzitutto deve valere la procedura. Altrimenti tutti potrebbero restare qui...», commenta la Nazionale Barbara Steinmann.
Casi come quello di Solomon, ci tiene a puntualizzare Matthias Jauslin (Plr), non si presenteranno più con la revisione della legge sull’asilo che entrerà in vigore a partire dalla prossima primavera: una decisione in linea di massima, infatti, verrà presa entro i primi 21 giorni.
Tre casi ticinesi
Nel 2014 aveva commosso il Bellinzonese la storia di Arlind Lokaj, l'allora 17enne kosovaro nato a Locarno, costretto a ritornare in Kosovo per seguire il padre.
È dello stesso anno il caso di Yasin Rahmany, allora 23 enne, anche lui estremamente ben integrato e attivo professionalmente in un salone di parrucchiera di Bellinzona.
Il 2018, invece, è stato l'anno di Bewar Omar (31 anni), iracheno e anche lui da anni a Bellinzona. Per lui si erano raccolte circa 5'000 firme.