Nei confronti del servizio militare hanno un atteggiamento più positivo, secondo uno studio del Politecnico federale di Zurigo
BERNA - L’esercito svizzero ha un problema d’immagine: con 6’785 giovani ammessi al servizio civile, lo scorso anno è stato raggiunto un nuovo record. Ma di certo la “colpa” non è degli svizzeri di seconda generazione. Uno studio inedito del Politecnico federale di Zurigo che nel 2014 ha coinvolto 1’291 reclute mostra, infatti, che i cosiddetti “secondos” hanno, nei confronti dell’esercito, un atteggiamento molto più positivo dei commilitoni senza un passato migratorio.
Migliori opportunità di lavoro - Il 37% degli immigrati di seconda generazione ritiene che al termine della scuola reclute abbia più opportunità nel mondo professionale. Tra le reclute “svizzere” la percentuale era soltanto del 28%. «Soprattutto i giovani provenienti da paesi del Sud con un livello d’istruzione più basso sperano che il servizio militare dia loro un'ulteriore qualifica» spiega il sociologo Tibor Szvircsev Tresch dell’Accademia militare (MILAC) presso il Politecnico federale di Zurigo.
Integrazione - Al termine della scuola reclute, il 35% dei “secondos” dichiarava di sentirsi considerato più “svizzero”. Per i commilitoni senza un passato migratorio la percentuale era del 28%. Szvircsev Tresch: «Con il servizio militare molti “secondo” vogliono dimostrare di essere integrati e di essere pronti a fornire una controprestazione».
Avanzamento - Secondo lo studio, i “secondos” sono maggiormente intenzionati a intraprendere una carriera militare. Il 17% di loro si dice infatti disposto ad avanzare, mentre per le reclute di origine svizzera si parla del 13%. Il sociologo osserva, per esempio, che in genere gli immigrati di seconda generazione provenienti dai Balcani mirano a truppe più impegnative, quali i granatieri. «Molti hanno una maggiore affinità con le armi».
Motivazione - Nel confronto con i commilitoni senza un passato migratorio, i “secondos” si mostrano leggermente più motivati. Secondo Szvircsev Tresch anche per il fatto che molti di loro provengono da paesi in cui ci sono stati dei conflitti e che le loro famiglie hanno già vissuto la guerra. Inoltre, le loro prestazioni militari vengono premiate con orgoglio e riconoscimento dalle loro famiglie.