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SVIZZERAGli svizzeri vanno matti per i super food

06.02.18 - 06:00
Che siano melograni o il bulgur, sono prodotti alimentari che fanno tendenza. Ed è boom di importazioni. Ma gli esperti mettono in guardia sugli aspetti negativi
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Gli svizzeri vanno matti per i super food
Che siano melograni o il bulgur, sono prodotti alimentari che fanno tendenza. Ed è boom di importazioni. Ma gli esperti mettono in guardia sugli aspetti negativi

BERNA - Sono molti gli svizzeri che durante la stagione invernale si affidano allo zenzero, che dovrebbe contribuire al rafforzamento del sistema immunitario. E basta dare un’occhiata alle statistiche dell’Amministrazione federale delle dogane per comprendere la portata del fenomeno: se nel 2000 ne erano state importate circa 264 tonnellate, lo scorso anno erano addirittura oltre 2’000. Tre quarti provenivano dalla Cina, mentre altre trecento tonnellate arrivavano dal Perù. E non si parla soltanto dello zenzero. Il boom si rileva anche per altri prodotti trendy, tra cui la quinoa e il bulgur. Entrambi particolarmente popolari per il loro alto contenuto proteico.

Sugli scaffali dei nostri supermercati è inoltre sempre più frequente la presenza dell’avocado: lo scorso anno ne sono stati importati per 14’000 tonnellate, contro le 3’740 del 2000. In questo caso la maggior parte dei frutti proveniva da Cile, Perù e Spagna. Ed è esplosa anche l’importazione di mango e melograno, i cui semi danno quel qualcosa in più alle insalate. Non è invece possibile definire il trend per altri super food come le bacche di goji e i semi di chia, in quanto nei dati delle dogane vengono registrati assieme ad altri prodotti.

Gli esperti mettono comunque in guardia sugli aspetti negativi del boom dei super food. Nel caso degli avocado, per esempio, si parla di dissodamenti illegali per la creazione di piantagioni in Messico. E secondo Yves Zenger, portavoce di Greenpeace, il trend avrebbe un impatto negativo sulla popolazione nei paesi di produzione: «A causa della forte richiesta di quinoa, il prezzo è salito. Gli abitanti indigeni non se la possono più permettere». Il consumo sarebbe dunque tutt'altro che sostenibile.

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