Il ranking stilato ogni due anni da Tax Justice Network evidenzia l’approccio a due velocità nello scambio automatico di informazioni. Al secondo posto gli Usa
BERNA - La fine parziale del segreto bancario (ma solo per i non residenti) e la firma dell’accordo per lo scambio automatico di dati in materia fiscale non sono bastati a risparmiare alla Svizzera il primo posto nella classifica dei maggiori paesi che contribuiscono al segreto fiscale nel mondo.
Il ranking "sull’opacità finanziaria" viene stilato ogni due anni dal Tax Justice Network (TJN). Al secondo posto gli Usa, seguiti dalle Isole Cayman. «Ci sono stati dei progressi in Svizzera - ha dichiarato John Christensen, presidente di TJN, a Le Temps -, ma la risoluzione dei problemi è ancora lontana».
Non si parla solo di “paradisi fiscali”, ma di opacità finanziaria. È la combinazione di due indici: la trasparenza del paese e la dimensione del settore finanziario. Il TJN misura l’impatto globale del Paese sui finanziamenti dubbi (crimini finanziari, evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco). Considerando solo il dato della trasparenza fiscale, la Svizzera scenderebbe al 24esimo posto.
Approccio "zebrato" - La principale denuncia del TJN nei confronti della Svizzera riguarda l’attuazione del parziale accordo automatico di scambio dei dati coordinato dall’OCSE. Berna è accusata di avere un approccio a due velocità: cooperazione esemplare con l’Occidente ma esitazione ad aprirsi con i paesi emergenti.
Un approccio definito dal TJN “zebra”: «Soldi bianchi e puliti per i paesi ricchi e potenti, denaro sporco e nero per i paesi vulnerabili e in via di sviluppo». L’UDC si era opposta all’estensione dello scambio automatico di informazioni fiscali, definendola «inutile, precipitosa e irresponsabile» e spiegando che «un accordo con paesi quali Brasile, Cina, Messico o Russia avrebbe avuto conseguenze chiaramente negative per gli Svizzeri all’estero che vivono in queste nazioni».
In settembre il Consiglio nazionale aveva approvato lo scambio, congelando l’intesa con la Nuova Zelanda e respingendo quello con l’Arabia Saudita (poi approvati dal Consiglio degli Stati). Per il TJN «è la dimostrazione che il Parlamento svizzero continua a scegliere i Paesi, mentre non dovrebbero esserci restrizioni. I paesi più poveri - ha concluso Christensen - sono proprio quelli che necessitano di maggiore aiuto per combattere l’evasione fiscale e la corruzione».