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SVIZZERAParadise Papers, la Glencore smentisce: «Non siamo corrotti»

06.11.17 - 17:37
Chiamato in causa dai cosiddetti "Paradise Papers", il gigante zughese delle materie prime smentisce categoricamente le accuse di corruzione che gli sono rivolte
Paradise Papers, la Glencore smentisce: «Non siamo corrotti»
Chiamato in causa dai cosiddetti "Paradise Papers", il gigante zughese delle materie prime smentisce categoricamente le accuse di corruzione che gli sono rivolte

BERNA - Secondo dati sottratti allo studio d'avvocatura Appleby Global Group Services con sede nelle Bermuda e pubblicati in Svizzera dai giornali del gruppo Tamedia, Tages-Anzeiger in primis, Glencore avrebbe acquisito a basso costo diritti di sfruttamento per una miniera in Katanga, nel sud della Repubblica democratica del Congo (RDC), tramite un intermediario israeliano sospettato di corruzione. Stando ai documenti in questione, la RDC avrebbe così perso centinaia di milioni di franchi.

In una nota odierna, Glencore spiega che la sua filiale Katanga ha affidato a metà del 2008 all'uomo d'affari israeliano e commerciante di diamanti Dan Gertler la negoziazione dei diritti di estrazione del cobalto e del rame. Tuttavia, la multinazionale con sede a Baar (ZG) indica di aver concluso i contratti prima che l'intermediario avesse iniziato la sua missione.

Uomo d'affari influente in Africa, Dan Gertler avrebbe intessuto relazioni molto strette con il presidente della RDC Joseph Kabila e il suo entourage. Stando ai media, il suo nome appare in diverse vicende di corruzione e figura in varie liste nere destinate agli investitori, di cui Glencore avrebbe dovuto essere a conoscenza.

Secondo Glencore, la società congolese che possedeva i diritti di sfruttamento della miniera esigeva tra i 200 e i 585 milioni di dollari (tra i 198 e i 580 milioni di franchi). Katanga ha tuttavia versato "soltanto" 140 milioni di dollari, somma negoziata prima dell'intervento di Gertler.

Le accuse nei confronti della multinazionale svizzera non sono nuove. L'ONG britannica Global Witness aveva denunciato nel marzo scorso Glencore accusandola di aver versato oltre 75 milioni di dollari a Gertler, affinché la privilegiasse a scapito della compagnia Gécamines. Questi pagamenti sono stati effettuati conformemente alle istruzioni della principale società pubblica mineraria della RDC, si era difeso il gruppo con sede a Baar.

Dalla sua fusione con Xstrata nel 2012, Glencore è accusata da varie ONG di ricorrere sovente a pratiche dubbie. Secondo Public Eye, che si concentra da diversi anni sui problemi del commercio di materie prime, i "Paradise Papers" mostrano come questa attività sia molto pericolosa per la reputazione della Svizzera.

I rimproveri mossi a Glencore sono nel contempo un segnale della responsabilità politica di Berna e della passività delle sue autorità. "Le autorità elvetiche sono state da tempo rese attente sugli affari ambigui tra Glencore e Gertler, sulle quali si è espressa già dal 2012 l'ONG britannica Global Witness", sottolinea Public Eye in una nota.

Interpellato, il Consiglio federale non ha fatto nulla, deplora Public Eye. Quest'ultima nel 2014 aveva proposto la creazione di un'autorità di sorveglianza del settore identica a quella in carica per il ramo finanziario, indica il suo portavoce Oliver Classen.

Tra i 13,4 milioni di file provenienti dallo studio Appleby e condivisi dal quotidiano tedesco "Süddeutsche Zeitung" con il consorzio di giornalisti ICIJ, taluni menzionano pure un credito di 45 milioni di dollari concessi dalla società Glencore Finance, con sede nelle Bermuda, a una società appartenente a Gertler, affinché quest'ultimo possa partecipare a un aumento di capitale di Katanga.

Stando a Glencore, il prestito è stato negoziato secondo le consuetudini e in maniera professionale. Il prestito è stato integralmente rimborsato nel 2010.

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