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BERNAObbligazioni federali, il rendimento torna in positivo

19.07.17 - 10:32
Obbligazioni federali, il rendimento torna in positivo

BERNA - Nelle ultime settimane il rendimento delle obbligazioni a dieci anni della Confederazione è aumentato: prima era negativo, ora si muove intorno alla parità. Siamo quindi a un punto di svolta sul fronte dei tassi? Gli esperti sono scettici al riguardo.

Con l'abbandono del cambio minimo euro/franco e l'introduzione di tassi di interesse negativi da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) il rendimento dei titoli di stato elvetici è scivolato sotto lo zero. Una situazione a prima vista assurda: gli investitori sembrano non saper far di meglio con i loro soldi che affidarli allo stato, pagando affinché li conservi per dieci anni.

Negli ultimi tempi si è comunque osservato un allentamento della tensione riguardo a questa situazione, da taluni ritenuta non sana. I rendimenti «dell'Eidgenosse» - l'obbligazione decennale della Confederazione, considerato un sensibile indicatore delle condizioni del mercato - sono tornati a salire. L'interrogativo che tutti si pongono è quindi: è finita un'era?

«È ancora troppo presto per dirlo, perlomeno per i tassi a corto termine», indica all'ats Roland Kläger, responsabile degli investimenti presso Raiffeisen. «Sul mercato dei capitali viene anticipato lo sviluppo dei tassi: ma ci vuole del tempo fino a quando questo diventi visibile anche sul mercato monetario». Concretamente ciò significa che non sarà per domani che i conti di risparmio delle banche torneranno a fruttare o che le ipoteche diventeranno più care. Secondo Kläger si sta comunque andando verso una normalizzazione: i tassi non sono più «irrazionalmente bassi».

La crescita del rendimento «dell'Eidgenosse» è legato a un lieve aumento dei tassi in Germania. «I tassi delle obbligazioni di stato elvetiche sono correlati con quelli tedeschi», spiega Alessandro Bee, economista presso UBS. E questi ultimi reagiscono a loro volta in modo sensibile ai lievi cambiamenti di tonalità provenienti da Francoforte: il presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi ha infatti lasciato intendere che in futuro la politica dell'istituto potrebbe essere meno espansiva.

«Non è da prevedere un aumento dei tassi dell'Eurozona: ma già solo l'annuncio di un una politica meno espansiva dà un certo margine di manovra», afferma Bee. All'origine delle dichiarazioni di Draghi vi è il miglioramento della congiuntura nella zona euro. Secondo lo specialista di UBS la Bce l'anno prossimo interromperà il programma di acquisto in grande stile di titoli di stato, cosa che darà la possibilità alla BNS di procedere a un aumento dei tassi, sempre che fino ad allora il franco si sarà indebolito.

Ma i tempi non saranno brevi. «Non si intravede ancora la fine dell'epoca degli interessi negativi», osserva Maxime Botteron, economista presso Credit Suisse. Si riscontra però effettivamente un allentamento della tensione: «non vi è più il rischio che gli interessi scendano ulteriormente: questo toglie un po' di pressione». Botteron prevede che la Bce prima interromperà il programma di acquisto di titoli e nel 2019 aumenterà i tassi: la Svizzera potrà seguire solo dopo.

Anche Kläger pensa a una tabella di marcia di questo tipo: la BNS potrà procedere a una stretta al più presto alla fine del 2018 o all'inizio del 2019. «La BNS non aumenterà i tassi troppo presto, perché altrimenti tutti gli sforzi fatti finora sarebbero stati inutili».

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