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BERNAAmnesty critica i comportamenti «discriminatori» della Svizzera

22.02.17 - 01:01
Nel mirino dell'organizzazione sono finiti in particolare i respingimenti forzati. Tre su quattro concernono il Ticino
Amnesty critica i comportamenti «discriminatori» della Svizzera
Nel mirino dell'organizzazione sono finiti in particolare i respingimenti forzati. Tre su quattro concernono il Ticino

BERNA - Nel Rapporto di Amnesty Internazional (AI) c'è un capitolo che concerne anche la Svizzera, criticata per certe pratiche relative alla politica d'asilo e a comportamenti definiti "discriminatori".

Le autorità elvetiche - si afferma - «hanno proceduto al rinvio forzato illegale (push back) di migliaia di richiedenti asilo, tra i quali diverse centinaia di minori non accompagnati, verso l'Italia. Diverse di queste persone avevano dei parenti che vivono in Svizzera».

Secondo cifre ufficiali, lo scorso anno il Corpo della guardie di confine ha censito 48'838 entrate illegali in Svizzera, in netta crescita rispetto alle 31'038 del 2015. In oltre la metà dei casi è stato ordinato il respingimento. Il Ticino è stato il cantone più coinvolto: 33'844.

A varcare il confine svizzero sono stati principalmente migranti provenienti da Paesi africani: eritrei (12'294), gambiani (3845), guineani (3814), nigeriani (3150), etiopi (2747) e somali (2643).

Tre rinvii su quattro riguardano il Ticino - Per quanto concerne i respingimenti, essi sono quadruplicati nel 2016 rispetto all'anno prima, passando da 6456 a 26'644. I tre quarti dei rinvii concernono il Ticino (19'988), seguito da Vaud, Vallese e Friburgo (in totale 3843). Anche in questo caso si tratta in prevalenza di africani, con in testa gli eritrei.

Amnesty, stando a sue cifre, rileva che numerosi sono stati coloro che hanno tentato di varcare il confine a più riprese. In un documento interno fa sapere di aver incontrato soprattutto giovani che hanno tentato fino a otto volte, per concludere che il numero di coloro che sono stati intercettati è ben al di sotto dei dati statistici.

Inoltre da agosto AI segue da vicino la situazione creatasi alla frontiera Como/Chiasso e fa sapere che nel gennaio di quest'anno diverse decine di persone - giovani e adulti - hanno tentato di entrare in Svizzera dall'Italia.

Controlli sistematici - Le osservazioni fatte hanno evidenziato come nel corso del 2016 qualsiasi persona di colore o con una fisionomia maghrebina è stata «sistematicamente sottoposta a controllo di identità alla frontiera, nel momento del suo passaggio a piedi o in treno alla stazione di Chiasso».

A gennaio 2017 su sei persone interrogate da AI, cinque hanno dichiarato di aver depositato una domanda d'asilo in Svizzera a più riprese, ma nessuna di esse è stata trasferita negli appositi centri. Perfino individui accompagnati da un legale sono riusciti ad evitare in extremis il rinvio verso l'Italia, malgrado la domanda presentata.

In conclusione - secondo AI - contrariamente alle dichiarazione delle Guardie di confine, stando alle quali tutti coloro che inoltrano una domanda sono trasferiti all'autorità competente, «sono numerosi quelli privati di ogni possibilità di far valere i propri diritti, in particolare di sollecitare l'asilo». Così facendo le Guardie di confine «violano il diritto svizzero».

Inoltre, sempre per quanto concerne la Svizzera, le limitazioni imposte alla libertà di movimento dei richiedenti asilo nella maggior parte dei centri federali «suscita preoccupazione». Nel mese di luglio la Commissione nazionale per la prevenzione della tortura ha deplorato il ricorso a una forza sproporzionata durante le operazioni di espulsione di migranti da parte della polizia in alcuni cantoni. Rimanevano dei timori riguardo i tentativi di espulsione di richiedenti asilo con gravi malattie mentali.

Critiche sono pure espresse al Ticino, dove a luglio è entrato in vigore il divieto di indossare il velo integrale. In settembre il Consiglio nazionale ha adottato una proposta di legge il cui obiettivo è vietare il velo integrale a livello nazionale. Il testo era davanti al Consiglio degli Stati a fine anno.

Infine, la legge sulla sorveglianza, adottata nel 2015 e approvata tramite referendum nel settembre 2016. Questa «concede ampi poteri» al Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), che può così accedere alle informazioni personali provenienti da un ampio raggio di fonti, per «obiettivi definiti in modo vago, come la lotta contro le minacce terroriste».

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