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BERNA«L'aiuto al suicidio è una richiesta sociale»

27.11.16 - 18:29
Lo ha affermato in un'intervista al domenicale Le Matin-Dimanche, il dottor Jérôme Sobel, presidente dell'associazione Exit della Svizzera romanda
«L'aiuto al suicidio è una richiesta sociale»
Lo ha affermato in un'intervista al domenicale Le Matin-Dimanche, il dottor Jérôme Sobel, presidente dell'associazione Exit della Svizzera romanda

BERNA - L'aiuto al suicidio fornito da Exit risponde alla domanda della società e il diritto alla morte dovrebbe far parte delle libertà individuali. Lo afferma in un'intervista al domenicale Le Matin-Dimanche, il dottor Jérôme Sobel, presidente dell'associazione in Svizzera romanda.

Nel 2000 Exit contava 8000 membri in Romandia e ora sono 24'000, precisa il presidente. "Ciò dimostra che il lavoro dell'associazione risponde ad una richiesta della società". "La gente - osserva Sobel - ha prima voluto gestire l'inizio della vita, con la contraccezione, l'aborto e la procreazione assistita. Ora spera di gestire l'uscita dalla vita", con il predominio dei principi di responsabilità, autonomia e indipendenza.

Il numero di pazienti aiutati da Exit è nettamente aumentato l'anno scorso: 213 in Romandia (+22% rispetto al 2014) e 782 in Svizzera tedesca (+30%). Il cancro è il primo motivo indicato dalle persone che si rivolgono ad Exit.

Il presidente di Exit romanda ricorda inoltre che l'aumento dei suicidi accompagnati dall'associazione è correlato ad una diminuzione di quelli non assistiti. E, a suo parere, una persona capace di intendere e di volere che auspica di morire non dovrebbe essere impedita nella sua intenzione da un'azione legale.

È recente il caso di un ultraottantenne ginevrino che aveva chiesto l'aiuto di Exit ed è stato fermato nel suo intento da un'azione giudiziaria intentata dai fratelli. L'anziano ha poi messo fine ai suoi giorni da solo alla metà del mese. Dopo il suo decesso, i fratelli si sono rivolti nuovamente alla giustizia con una querela penale contro Exit per omissione di soccorso.

"In una società che accetta l'autodeterminazione, si rispetta la decisione altrui; altrimenti la persona appartiene ad un clan ed è il clan che decide per lei", osserva il dottor Jérôme Sobel. C'è anche - ricorda - una sentenza del Tribunale federale in cui si afferma che una persona capace di discernimento ha il diritto di scegliere i mezzi e il momento della propria morte.

Le specialista è poi scettico riguardo agli psichiatri che, per evitare la morte di un malato, associano automaticamente una richiesta di aiuto al suicidio con una depressione e una ridotta capacità di discernere.

Il 30% dei membri di Exit hanno oltre 75 anni. L'inverno della loro vita è reso difficile da varie polipatologie invalidanti legate all'età e scelgono una qualità di vita piuttosto che una quantità di sopravvivenza, spiega Sobel. Inoltre l'accompagnamento dei canditati alla morte è un lungo processo che prevede questionari e molte discussioni sulle altre opzioni possibili. "E se troviamo che una persona presenta segni di demenza o problemi psichiatrici chiediamo il certificato di uno specialista".

ats 

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