Cerca e trova immobili

NEUCHÂTEL"Bisogna riscrivere nuove regole di convivenza"

12.01.15 - 11:56
Dopo l'attacco a Parigi, si riapre il dibattito sull'immigrazione. La parola alla professoressa Biffi dell'università di Neuchatel e autrice di diversi saggi sugli stranieri di seconda generazione
"Bisogna riscrivere nuove regole di convivenza"
Dopo l'attacco a Parigi, si riapre il dibattito sull'immigrazione. La parola alla professoressa Biffi dell'università di Neuchatel e autrice di diversi saggi sugli stranieri di seconda generazione

NEUCHÂTEL - Nati e cresciuti in Francia, ma pur sempre franco-algerini. Chérif e Saïd Kouachi sono stati i francesi più braccati del paese. Ma non erano francesi come gli altri. Il paese dove nacquero e che li accolse volevano distruggerlo e con sé i suoi valori.

Il sondaggio in Germania - L'attacco a Charlie Hebdo scuote le coscienze in un'Europa disorientata e che ha paura. L'avanzata delle ultra-destre nelle ultime elezioni europee, la nascita in Germania di movimenti identitari come Pegida, il successo dei partiti populisti sono segnali di un cambiamento che, forse, in troppi stanno sottovalutando. Secondo un sondaggio pubblicato recentemente dalla fondazione Bertelsmann emerge che il 61% dei tedeschi ritiene l'Islam incompatibile con il mondo occidentale. Non solo. Il 40% degli intervistati dichiara di sentirsi straniero a casa propria a causa della presenza di persone di religione islamica. Non importa se queste persone sono nate e cresciute in Germania.

Una volta gli ebrei, oggi i musulmani - Ci risiamo, la storia si ripete. "Ecco agitarsi i nuovi fantasmi, come è già accaduto nel passato. Negli anni '30, anche in Svizzera, si temeva la "Verjüdung" (la giudaizzazione) dell'Europa. Oggi il nemico da temere è il musulmano." Rosita Fibbi conosce bene la tematica della migrazione. Fa parte del "Forum Svizzero per gli studi sulla migrazione e la popolazione all'università di Neuchâtel".

Un nome "esotico" può significare l'esclusione -  Diversi i suoi saggi pubblicati sulla condizione degli immigrati di seconda generazione in Svizzera, coloro cioè che si ritrovano nella condizione che, il sociologo algerino Sayad Abedlmalek, ha definito con l'ormai celebre "doppia assenza". Un'espressione per indicare l'esclusione sia dalla società da dove provengono i genitori dell'immigrato sia dal paese in cui risiede. Uno straniero ovunque e sempre. "Fino a quando si va a scuola, fino ai 15 anni, si è più o meno tutti uguali. E' quando il giovane di seconda generazione comincia a cercare un posto da apprendista che si accorge che l'uguaglianza vissuta fino a quel momento era una finzione", afferma la professoressa. "Basta un cognome esotico per non essere trattato come gli altri e quindi per essere escluso da un posto di lavoro". Il soggetto subisce in questo modo una spersonalizzazione e allora, "succede che non si sente come gli altri perché non è trattato come gli altri". E ciò fa scattare il meccanismo d'autodifesa che risponde al bisogno innato di trovare una propria dimensione identitaria, in cui sentirsi accettato. "Ognuno di noi ha il bisogno di avere un'immagine positiva di sé". E allora non resta che andare a unirsi a quelle persone che, analogamente vivono lo stesso problema, ossia la marginalizzazione.

Il paese di origine è qui, dove si nasce - C'è un altro aspetto da tenere in considerazione: "il paese di origine di uno straniero di seconda generazione non è il paese dei suoi genitori, bensì è il paese in cui nascono. Il loro paese d'origine è qui". Come spiega la professoressa, per questi giovani la realtà conosciuta è quella con la quale sono confrontati quotidianamente, nel paese dove nascono e crescono; i genitori hanno un ruolo limitato nella formazione identitaria. "Essi possono orientare il percorso dei loro figli, ma la socializzazione resta individuale".

Svizzera come in Francia ? - Ma da qui a diventare terroristi spietati. In Svizzera possono riprodursi situazioni simili a quelle di Chérif e Saïd? Per Fibbi le possibilità sono assai remote. "Francamente non si può fare un parallelo con la Francia, un paese impegnato nel Mali e in molti altri fronti di guerra. In Svizzera non vi sono tensioni simili alla Francia tali da fare pensare che questo scenario si possa trasferire qui". In altre parole: la Francia è un grande paese che, nel contesto internazionale, gioca un ruolo di primo piano, soprattutto nelle vaste aree delle sue ex colonie. La Svizzera, nonostante presenti casi di giovani e giovanissimi di seconda generazione che hanno scelto di abbracciare la causa islamista e andare in Siria a combattere a fianco dell'Isis, "non presenta le condizioni della lotta armata".

"Necessaria una nuova forma di convivenza" - L'Europa, in tutti i casi, secondo Fibbi, deve agire. "In Occidente vivono oggi persone (provenienti da molti paesi, tra cui africani e del Medio Oriente, ndr) che non hanno negoziato le forme di convivenza. Ora è necessario rinegoziare nel quadro della comune cittadinanza le forme di convivenza da applicarsi a tutti. Ci vogliono regole comuni nell'adattarsi a nuove realtà".

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE