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BB/BN BEST EVERKenta, ruggito bianconero: «Slettvoll mi difese e... ci faceva allenare d'estate»

31.08.17 - 17:45
L'indimenticato campione svedese ha chiuso con l'hockey (almeno per ora): «Sono andato in vacanza con mia moglie»
Keystone
Kenta, ruggito bianconero: «Slettvoll mi difese e... ci faceva allenare d'estate»
L'indimenticato campione svedese ha chiuso con l'hockey (almeno per ora): «Sono andato in vacanza con mia moglie»
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LUGANO - Ultima squadra conosciuta: Örebro. Da metà della passata stagione Kenta Johansson pare non far più parte del mondo dell'hockey. Lui, che per una vita è stato dentro o accanto alla pista, come giocatore o allenatore, sembra aver salutato tutti, aver chiuso la porta ed essersene andato.

«Ma no, non è proprio così - ci ha interrotti il 61enne ex campione in un italiano arrugginito ma ancora tagliente - semplicemente, dopo tanto tempo avevo voglia di dedicare un po' di tempo alla mia vita. A mia moglie. Così quest'estate ho preso vacanza. È qualcosa che non facevo da anni, visto che di solito in questo periodo ero già presissimo con allenamenti e amichevoli. È un'esperienza nuova e devo dire che non è per nulla male».

Vista la penuria di impegni, un paio di minuti per riguardare al passato possiamo quindi rubarteli?
«Di Lugano parlo sempre volentieri. Lì ho trascorso anni magnifici. Lì torno ancora volentieri».

Le tue prestazioni, nella stagione 85/86, furono determinanti per regalare ai bianconeri il primo titolo della loro storia.
«È passato tanto tempo...».

Ma ancora oggi se citi "Kenta", i tifosi si sciolgono.
«Questo fa davvero piacere. Vuol dire che, insieme con gli altri ragazzi, siamo riusciti a lasciare il segno. Quell'anno vincemmo il titolo. Poi ci ripetemmo nei due campionati successivi».

Perché vinceste?
«C'era un gruppo unito, nel quale noi "vecchi" non avevamo problemi a rimboccarci le maniche e a sostenere i giovani. Io, Molina, Lörtscher, Fuhrer e Conte insieme davamo il massimo per sostenere ragazzi come Bertaggia o Eberle o Ton. Quell'unità, quello spirito, ci portò lontano. Poi c'era Slettvoll...».

Il coach che cambiò l'hockey.
«All'inizio della mia avventura in Svizzera faticai. John mi difese e diede tranquillità. Questo sostegno fu fondamentale, mi permise di giocare serenamente e, in seguito, di esplodere. L'allenatore fu fondamentale anche per il suo modo di intendere il nostro sport».

Ovvero?
«Sapete qual è il ricordo più nitido del mio primo periodo a Lugano? Che d'estate ci si allenava».

Normale, no?
«Non a quei tempi. Fummo i primi, su pressione di Slettvoll, a farlo. Mentre le altre squadre ancora erano in vacanza noi già faticavamo. Questa novità, qualcosa che oggi è normale, era vista come stranissima. Ma i risultati di quegli sforzi furono premiati».

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