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UN DISCO PER L'ESTATEQuel sorriso sdentato che conquistò la Leventina

14.08.19 - 12:01
Giunto ad Ambrì insieme al suo “gemello” Hnat Domenichelli, Jean-Guy Trudel diventò un idolo grazie al suo carisma, alla sua dedizione e a una caterva di punti
TiPress (archivio)
Quel sorriso sdentato che conquistò la Leventina
Giunto ad Ambrì insieme al suo “gemello” Hnat Domenichelli, Jean-Guy Trudel diventò un idolo grazie al suo carisma, alla sua dedizione e a una caterva di punti
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AMBRÌ - È una delle coppie meglio assortite che abbia vestito il biancoblù in più di 80 anni di storia. Il duo arrivò in Leventina nell’agosto del 2003, con in tasca il titolo di campioni di AHL conquistato qualche mese prima con la maglia degli Houston Aeros. Loro sono Trudel e Domenichelli e per quattro stagioni hanno fatto ammattire le difese avversarie e gioire i propri tifosi. Inizialmente il colpo grosso, l’acquisto bomba, quello con il curriculum da urlo (anche in NHL) era Hnat, Jean-Guy arrivò con meno clamore, ma da subito entrò nel cuore dei tifosi imponendosi grazie al suo carisma, alla sua dedizione e a una caterva tra gol (116) e assist (147). Il suo sorriso sdentato e quel modo di portare il casco lo resero inconfondibile. 

Nato nel 1975 a Sudbury, città dell’Ontario vicina al lago Huron e non lontana dal confine con il Michigan (USA), Trudel si fece le ossa nelle leghe giovanili canadesi. Ma la sua maturazione fu lenta, tanto che le sue migliori stagioni le firmò tra i 20 e i 21 anni, da “fuori età”. Mai draftato, Jean-Guy dovette fare tanta gavetta nelle leghe inferiori statunitensi, tra IHL e ECHL per ricevere la chiamata giusta. Che arrivò da Phoneix nel 2000. Ma la NHL non era nel destino di Trudel - sole cinque le sue apparizioni - che però si fece un nome in AHL. Dopo tre ottime stagioni e dopo aver alzato la Calder Cup da protagonista nella quarta (101 punti totali in 102 partite), l’allora 28enne accettò la corte dell’Ambrì. 

In Leventina visse quattro stagioni fenomenali e diventò idolo della curva. Il chirurgico one-timer dalla sua mattonella preferita in powerplay rappresentava (quasi sempre) una sentenza per gli avversari e divenne un suo marchio di fabbrica. Così come la sua caparbietà sul ghiaccio. Trudel era infatti uno che non mollava mai. Uno che dava tutto per la causa. Iconica da questo punto di vista fu quella volta che ricevette un colpo al volto che gli fece perdere parecchio sangue e qualche dente. Partita finita? Non per Trudel, che si fece ricucire in fretta e furia e dieci minuti dopo era di nuovo sul ghiaccio. Ad aiutare i compagni. La sua linea, completata da Toms e Domenichelli, trascinò l’Ambrì (settimo) a sfiorare l’impresa contro il Lugano (secondo) nei quarti di finale del 2006. Con una tripletta affossò i cugini in gara-2 alla Valascia. Una sua magia in tuffo regalò il momentaneo 4-3 all’Ambrì in gara-4. Poi i bianconeri, a un passo dal baratro, rovesciarono prima la partita e poi la serie. Il trio canadese, spremuto all’inverosimile, non riuscì a compiere il miracolo di eliminare - per la prima volta nella storia - i rivali di sempre. L’anno successivo, macchiato dai primi (e unici) playout vissuti in biancoblù da Trudel, fu l’anno dell’addio. Un commiato triste, nonostante 62 punti (32 gol) messi in carniere, per lo sniper dal sorriso sdentato, che dopo una stagione in AHL tornò in Svizzera indossando la maglia dei Lions. Ma senza raggiungere i picchi toccati in Leventina. Dove resta tuttora uno degli stranieri più amati. Un’icona indimenticabile.

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COMMENTI
 

Tony15 4 anni fa su tio
toto2 Raglio d'asino non sale al cielo

toto2 4 anni fa su tio
ohhh e quanti titoli hanno vinto in valle con loro!!! ahhh sorry zeru tituli since 1937......non vincete maiiiii......

occhiodiairolo 4 anni fa su tio
Risposta a toto2
Poro bao!
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