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HCAPL'idolo Westrum condanna i suoi carnefici: “Odio Aubin, Heins e Holden”

10.11.14 - 06:33
L'ex stella biancoblù non ha perdonato chi l'ha colpito e ha “riabbracciato" la Leventina: “Adoro l'Ambrì e i suoi tifosi, vorrei tornare per portare il titolo. Ho fatto pace con l’hockey”
L'idolo Westrum condanna i suoi carnefici: “Odio Aubin, Heins e Holden”
L'ex stella biancoblù non ha perdonato chi l'ha colpito e ha “riabbracciato" la Leventina: “Adoro l'Ambrì e i suoi tifosi, vorrei tornare per portare il titolo. Ho fatto pace con l’hockey”
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PRIOR LAKE (USA) – Chiedete di Erik Westrum a un tifoso dell'Ambrì e questo, letteralmente, si scioglierà, diviso tra ricordi dolcissimi e pensieri tristi. Penserà a tutte le gioie vissute e al dolore provato. Tornerà con la mente alle reti viste e applaudite e sentirà - come fosse accaduto a lui – tutte la cariche subite. Già perché Westrum non era un semplice giocatore. Trascorsi cinque anni in Leventina, è infatti diventato più biancoblù dei biancoblù storici, più fan dei tifosi più accaniti. E il suo amore e la sua passione verso i sopracenerini sono stati corrisposti.

Per questo la sua storia, fatta di trionfi ma anche di dolorosissime cadute, ha segnato indelebilmente il cuore di tutti gli appassionati di disco e bastone che solitamente assiepano le tribune della Valascia. E anche di buona parte di quelli che invece godono nelle altre piste.

Per i pochissimi che non sanno chi sia, per descrivere Westrum bastano poche parole: passione, cuore, classe. E poi ancora punti (182 in cinque stagioni, monche, in Leventina) e gravissimi infortuni (dopo gli attacchi da Serge Aubin, Shawn Heins e Josh Holden).

Le ultime voci che ti riguardavano parlavano di un campione ferito, trascinato a fondo dai problemi alla testa. Ora, ad anni di distanza, soffri ancora per l'ultimo infortunio?
“Non potrei disputare un match ma almeno posso divertirmi giocando con i miei figli e questo, per me, è sicuramente importante. Al lavoro mi stanco facilmente e i mal di testa arrivano puntuali se mi impegno per troppe ore consecutivamente. Però rispetto al passato va meglio. È stato difficile lasciare lo sport, il mio sport, e cominciare con una professione “normale” ma non avevo scelta: dopo due anni di difficoltà avevo bisogno di un impiego per sostenere finanziariamente la mia famiglia. La mia vita ora non è comoda ma sono una persona forte: voglio avere successo in tutto quel che faccio”.

Porti rancore verso i giocatori che ti hanno ridotto in queste condizioni?
“Rancore? Io odio chi mi ha fatto del male. E non sono sorpreso che questi abbiano sofferto di infortuni pesanti nella loro carriera. L'hockey è uno sport fantastico e dovrebbe essere praticato con rispetto e onore. Soprattutto per la tua squadra e i tuoi fan. La maggior parte dei protagonisti del ghiaccio pensa a lavorare sodo e si batte con fierezza, inseguendo gol e successi. Poi c'è però anche chi ricorre a scorrettezze e violenze. E con queste creano problemi e difficoltà agli altri. Serge Aubin, Shawn Heins e Josh Holden sono atleti sporchi, che avrebbero dovuto subire punizioni, essere sanzionati e sospesi per lungo tempo per gli infortuni, le lesioni e il dolore che hanno causato. E non sto parlando solo del mio caso. Per quanto riguarda me... voglio solo ringraziare i tifosi dell'Ambrì. Sono loro grato per il sostegno datomi in alcuni momenti duri. Li amerò per sempre. Forza biancoblù”.

Sei di Milwaukee, parlaci di quel che fai.
“A dire il vero vivo a Prior Lake, nel Minnesota. Qui ho aperto la mia compagnia di assicurazioni. Aiutiamo i residenti con le polizze per l'auto, la casa, la vita e la salute. Ovviamente ci occupiamo anche dell'assicurazione per le invalidità. Sono inoltre specializzato in pianificazione finanziaria e pensione. Nelle settimane seguenti il mio infortunio mi ha sorpreso il sostegno ricevuto da parte della compagnia assicurativa. Prendendo spunto da quello mi sono impegnato per tentare di dare ai miei clienti delle certezze, di educarli su quanto una polizza possa essere importante – per loro e per le famiglie – quando ci si trova a fare i conti con questi problemi. È gratificante poter aiutare gli altri e fare la differenza nel mondo”.

Che posto ha l'hockey nella tua vita?
“Per i primi due anni dopo l'incidente non ho più guardato una partita. Non volevo. Era difficile accettare di non essere più in grado di giocare. È stato durissimo sentir parlare di hockey e rispondere a domande su altre squadre e giocatori. Adesso però sono felice di poter condividere la mia esperienza con altri protagonisti di questo sport e provare ad aiutarli ad avere successo. Ho intenzione, quest'anno, di cominciare ad aiutare i bimbi che si avvicinano al ghiaccio (età da 4 a 6 anni) e di consigliare i giocatori e i genitori che davvero amano questo gioco”.

E per quanto riguarda la tua famiglia?
I miei figli sono Luke, di 6 anni, Ethan, di 3 anni, e Isabella di 11 mesi. Mi piace passare il tempo con loro ogni giorno dopo il lavoro. Luke sta cominciando con l'hockey quest'anno e Ethan sta imparando a pattinare. Bella sta invece iniziando a gattonare e camminare ed è sempre sorridente. Amo i miei figli”.

Hai mai pensato di tornare in Svizzera per vivere o lavorare?
“Mi piacerebbe lavorare e vivere in Svizzera un giorno. Mi mancano sempre, infatti, i miei amici, la mia famiglia svizzera, i miei compagni di squadra, il cibo, la cultura, il vino, e soprattutto i tifosi dell'Ambri. La Leventina è stato un posto speciale per me e spero di poter continuare a tornare in Svizzera per le vacanze. Poi chissà, forse un giorno sarò lì per lavorare e vivere”.

Ambri è un club particolare, che non lascia indifferenti. O lo odi o lo ami.
“Io lo amo. E lo farò sempre. Per cinque anni i biancoblù sono stati la mia famiglia e, a dire il vero, ancora lo sono. Certo la società ha fatto qualche errore (allenatori, giocatori, ecc), ma ha anche cercato di rendere la squadra migliore. E poi, chi non prende mai decisioni sbagliate? Con l'Ambrì ho vissuto una grande esperienza soprattutto grazie a tifosi ed amici che ho incontrato nel corso degli anni. Mi piacerebbe, un giorno, essere in grado di aiutare a vincere un campionato, magari come dirigente. Sono tornato a scuola per il master in finanza e gestione dello sport e ho la necessaria esperienza di ghiaccio e bastone per allestire una squadra in grado di imporsi. Aiutare l'Ambrì a imporsi sarebbe, per me, un sogno che s'avvera”.

Hai più seguito il club dopo il tuo ritorno negli Stati Uniti?
“Sì, seguo le partite ogni settimana e guardo i risultati. All'inizio dell'anno è stato molto emozionante vedere l'Ambri battere il Lugano nel primo derby. Spero che la squadra possa trovare un modo per arrivare ancora una volta al top”.

Sei rimasto in contatto con qualche tifoso?
Sì, parlo con i fan ogni settimana. Ho un rapporto stretto con Eros e Nives Morisoli, "Vecchio Coppia" (Erik dice proprio così, ndr) che erano come la mia mamma e il mio papà in Svizzera. Mi hanno aiutato dopo il mio infortunio e mi hanno sostenuto quando la mia famiglia era negli Stati Uniti. Tutti a Monte Carasso e tutti fan di Ambri continuano a tenersi in contatto tramite Facebook, Twitter ed e-mail. Mi mancano tutti e non vedo l'ora di poterli incontrare”.

Cosa ti aspetti dal tuo futuro?
“Di vedere i miei figli crescere e di gustarmi un po' di tempo con la mia famiglia. Voglio tornare in Svizzera per le vacanze ogni anno e forse un giorno entrare a far parte della dirigenza dell'Ambri. Spero di essere in grado di lavorare a pieno ritmo e di avere di una vita sana e felice ora che ho fatto pace con l'hockey”.

Un'ultima domanda. Segui la stagione e conosci i giocatori biancoblù?
Credo che il roster di quest'anno sia ricco di qualità. I giocatori sono bravi e dovrebbero essere in grado di aiutare la squadra. Se si impegnano insieme... Quelli di cui posso parlare sono Hall, Giroux e Aucoin. Ho giocato con Adam; è un ragazzo che lavora sodo e di grande talento. Mi aspetto che diventi il leader del gruppo e che sia decisivo in qualche successo. Ho giocato contro Alexandre e Keith: erano sempre imprendibili Veloci e inarrestabili, Aucoin come assistman e Giroux come realizzatore, possono rivelarsi sempre decisivi”.

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