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FRANCIA 2016 - VIP CAFEVincere la Champions League è il massimo, parola di Stéphane Chapuisat

14.06.16 - 07:03
L'attaccante elvetico che ha segnato 106 gol in Bundesliga ha assaporato il gusto del grande trionfo in Europa. Ora tifa rossocrociato e sarà a Parigi per Romania-Svizzera
Vincere la Champions League è il massimo, parola di Stéphane Chapuisat
L'attaccante elvetico che ha segnato 106 gol in Bundesliga ha assaporato il gusto del grande trionfo in Europa. Ora tifa rossocrociato e sarà a Parigi per Romania-Svizzera
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PARIGI (Francia) - Quando si segnano 106 gol in Bundesliga non si ha più bisogno di particolari presentazioni, ma Stéphane Chapuisat è un umile campione che val la pena di essere “scoperto” per le cose straordinarie che ha fatto in campo e per il lavoro che svolge oggi a favore dei giovani.

Ritratto

“Stef” è nato il 28 giugno 1969 ed è stato il più grande calciatore svizzero di tutti i tempi. Oggi, con la sua immutata modestia, è al servizio dello Young Boys come capo del reclutamento e allenatore dei giovani attaccanti. «Mi piace formare i talenti perché ti ascoltano e imparano in fretta, ma mi prende anche lo scouting, sia in Svizzera che all'estero».
Lo vedremo presto su una panchina in Super League? «No, grazie. Vivo bene così, lavoro part time e preferisco dedicare più tempo a mia moglie Marianne e alle mie figlie Cindy, Sophie ed Emily. Quando giochi va tutto così in fretta, non ti rendi conto di quanto sia importante anche il recupero in ambito privato e spesso trascuri le persone più care della tua vita».

Carriera

In 20 anni ha vinto tutto: Champions League e Mondiale per club nel 1997, due titoli e una coppa in Germania con il Borussia Dortmund, un campionato svizzero con il GC. Con la maglia rossocrociata ha disputato 103 partite, partecipando al Mondiale del 1994 e all'Europeo del 2004. In 676 partite ha segnato 283 gol.
Il nome Chapuisat ha scritto la storia del nostro calcio. Prima suo padre, poi Stéphane... «Mio papà mi ha trasmesso una grande passione per questo sport, è stato un motivatore straordinario, ma d'altro canto mi ha reso la carriera più difficile perché tutti mi dicevano che giocavo in quanto figlio di Gabet. All'inizio ho dovuto lottare parecchio per togliermi questa etichetta di dosso...».

Il ricordo più bello

«Il 1997 è stato davvero un anno magico con il Borussia Dortmund di Ottmar Hitzfeld, ma credo che il sapore della vittoria sia un'emozione speciale in ogni ambito. Per me, ad esempio, ha avuto un significato enorme la qualificazione con la Svizzera ai Mondiali 1994 negli Stati Uniti, dopo una vita che il calcio rossocrociato non raggiungeva un simile obiettivo».

Il mio Europeo

«Seguirò dal vivo Romania-Svizzera, al Parco dei Principi di Parigi, mentre le altre partite le guarderò alla televisione. La squadra di Petkovic non poteva avere avvio migliore, perché il successo sull'Albania ha tolto parecchia pressione che frenava la prestazione dei singoli. Del resto, il nostro selezionatore ha lavorato in Italia ai massimi livelli ed è abituato a questo tipo di sollecitazioni. I giocatori, comunque, hanno fatto il loro dovere e si presentano nelle migliori condizioni psico-fisiche per il secondo impegno di mercoledì con la Romania».
Ha lavorato con Vladimir Petkovic allo Young Boys. Che tipo di rapporto avete avuto? «Ottimo. Lui era chiaramente concentrato sulla prima squadra, mentre io spaziavo (come oggi) su tutti i talenti del club. Mi piace perché è una persona che sa ascoltare, ho avuto un dialogo costruttivo con Vlado».

Chi vincerà?

«La Francia, quando gioca in casa, si trasforma e riesce a dare il massimo. Per me è la favorita, anche se Germania e Spagna hanno tanta qualità».

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