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L'OSPITE – ARNO ROSSINIBalotelli ancora non capisce, «Uno psicologo? Gli servirebbe un'intera clinica»

27.11.19 - 07:00
Doti tante, voglia poca. E poi un'indolenza che lo ha spesso messo nei guai: l'attaccante italiano pare aver chiuso con il calcio vero. Arno Rossini: «Cellino lo stimola e intanto prepara l'addio»
Keystone (foto d'archivio)
Balotelli ancora non capisce, «Uno psicologo? Gli servirebbe un'intera clinica»
Doti tante, voglia poca. E poi un'indolenza che lo ha spesso messo nei guai: l'attaccante italiano pare aver chiuso con il calcio vero. Arno Rossini: «Cellino lo stimola e intanto prepara l'addio»
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BRESCIA (Italia) – Mario Balotelli è nuovamente finito in mezzo alla tempesta. Non ancora svanito il polverone sollevatosi dopo i cori razzisti riservatigli dalla curva del Verona, la punta ha infatti cominciato a far parlare di se per i problemi (creati) in squadra. Sgridato, allontanato da un allenamento e poi non convocato (per il match contro la Roma) da mister Fabio Grosso, l'attaccante italiano pare già qualcosa di simile a un indesiderato nella sua Brescia. A rendere a livello mediatico meno simpatica la sua posizione ci hanno poi pensato l'allenatore di lungo corso Gigi Cagni, che ha ammesso di pensare che il 29enne ha dei problemi psicologici, e Massimo Cellino, presidente delle Rondinelle, che lo ha definito un nero che cerca di schiarirsi.

«Quella di Cellino è stata solo una battuta infelice – ha tagliato corto Arno Rossini – detto questo, è innegabile che, in questo momento, per il Brescia Balotelli sia un problema».

Fino a che punto un allenatore può sopportare prima di smettere di badare al nome scritto dietro la maglietta?
«Dipende quanto il campione di turno è decisivo in campo».

E Balotelli non sta facendo la differenza.
«Esatto. Per questo la scelta di Grosso di metterlo da parte non può che essere giustificata. Un fuoriclasse lo sopporti, lo scusi, lo giustifichi, se ti fa vincere le partite. O se almeno, pur senza fornire un contributo importante, le partite le vinci comunque. Se il tuo giocatore non lascia il segno e la squadra non fa risultato, cambiare è una soluzione inevitabile».

In tutto questo caos è intervenuto Cellino, che da sanguigno conoscitore di calcio sta provando a spronare Balo.
«Il presidente del Brescia è un dirigente navigato. Con il suo intervento, necessario, proverà a far svoltare la situazione. E contemporaneamente sta difendendo il suo capitale».

Ovvero?
«L'attaccante rappresenta un investimento importantissimo per una società come quella lombarda. Una spesa tanto grande deve portare un ritorno. Secondo me, Cellino sta muovendosi nello stesso momento su due tavoli. Prova a recuperare il giocatore e comincia a preparare il suo addio. Se non ci sarà una svolta sportiva, allora ecco che la cessione sarà già organizzata».

Si parla di Galatasaray...
«A gennaio? Può essere. Regista dell'operazione sarà Raiola che, come ben si può vedere, al momento rimane nell'ombra. È scafato: il suo assistito è completamente dalla parte del torto...».

Ma la Turchia può essere un'opzione? In fondo Mario sta fallendo pure a due passi da casa...
«Per come la vedo io, non c'è una soluzione a questa storia, semplicemente perché Balotelli non sta lavorando per se stesso. Se anche dovesse andare in Turchia, dove ti ricoprono di passione ma ti chiedono anche impegno, la punta durerebbe poco. Dopo non so, potrebbe forse andare in Cina».

Per una chiusura di carriera ricca ma infelice.
«È un vero peccato, ma stiamo in fondo parlando di un ragazzo che ha avuto tante occasioni e che le ha sprecate tutte. Stiamo parlando di un calciatore che fisicamente e tecnicamente avrebbe potuto fare la differenza e che invece non riesce a lasciare il segno neppure in una squadra che corre per la salvezza».

Si torna a Cagni?
«Problemi psicologici? Cagni non parla a caso. Ma temo che uno psicologo per Balotelli non basti. Per capirlo e stimolarlo servirebbe un'intera clinica. O almeno qualcuno con quattro dottorati».

Non ha mai capito quale grande fortuna ha avuto?
«Mai. E questo lo si intuisce guardando come affronta il quotidiano».

Gli allenamenti? Si riparla di Grosso e dell'esclusione?
«Una storia già vista tante volte durante la sua carriera. Secondo voi, se fosse tutto a posto, in una nazionale giovane e sperimentale Mancini non gli avrebbe trovato un posto? Mario è indolente. Affronta tutto senza la giusta mentalità e attenzione. Non è affidabile. Ripeto, è un vero peccato che non sia riuscito a capire...».

Uno dei pochi capace di gestirlo è stato Favre, a Nizza.
«Ho seguito da vicino alcuni suoi allenamenti e delle partite. Durante le settimana era davvero pessimo. Faceva poco, pochissimo, il meno indispensabile. Nel weekend viveva di sprazzi. Però quando si accendeva riusciva a entusiasmare. Evidentemente Lucien con lui sapeva toccare i tasti giusti...».

Il Brescia lo ha ingaggiato pensando anche all'aspetto marketing. Un po' come ha fatto la Juve con Cristiano Ronaldo.
«Sì ma tra i due calciatori non c'è paragone. Il portoghese risolve le partite e, soprattutto, in allenamento dà sempre il 100%. Migliora i compagni, con l'esempio e le prestazioni. L'attaccante italiano invece non dà nulla. Anzi, probabilmente “toglie” a quelli che lo circondano nello spogliatoio. Spazi. Attenzione. È un esempio negativo. E poi attorno a lui crescono sempre polemiche. La pubblicità che si fa il club non è certo positiva».

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