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L'OSPITE – ARNO ROSSINI«Renzetti-Novoselskiy? Via la vodka, brindiamo con il merlot ticinese»

26.06.19 - 10:00
Soldi esteri e passione latente: Arno Rossini ha accolto con sollievo la fine della trattativa per il passaggio di quote dei bianconeri
Ti-Press
«Renzetti-Novoselskiy? Via la vodka, brindiamo con il merlot ticinese»
Soldi esteri e passione latente: Arno Rossini ha accolto con sollievo la fine della trattativa per il passaggio di quote dei bianconeri
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LUGANO – Leonid Novoselskiy non è riuscito a reperire quei fondi che gli avrebbero permesso di rilevare la maggioranza azionaria del Lugano e, così, di gettare le basi per un progetto a medio-lungo termine. Questo ha fatto saltare la trattativa con Angelo Renzetti, che è rimasto azionista di riferimento nonché presidente del club bianconero.

Questa è, in soldoni, la news della settimana.

«Io ne sono felicissimo – ha sottolineato Arno Rossini – sapere che il Lugano è ancora in mani ticinesi, è ancora in mano a Renzetti, è un'ottima notizia. C'è da stappare una bottiglia di spumante».

Non eri convinto della “scalata” di Novoselskiy?
«L'acquirente russo sta facendo un ottimo lavoro con il Settore Giovanile. Il fatto che avesse bisogno di capitali non suoi per chiudere l'affare e che, si fosse completata la transazione, avrebbe fatto importanti cambiamenti in società, di certo però non mi entusiasmava».

Andiamo con ordine. Parliamo prima di quattrini.
«Novoselskiy stava cercando di reperire grandi capitali per portare avanti un progetto di qualche anno. È un imprenditore, giusto che sia così. L'ultimo Lugano è però diventato grande anche e soprattutto perché, oltre a pensare da imprenditore, Renzetti ha fatto valere il cuore. Angelo ha messo in conto possibili stagioni in perdita, non ha guardato sempre e solo al profitto e così facendo, con grandi sforzi, ha portato il club da una media Challenge League all'Europa League. Due volte. Oltre alle competenze, sono serviti un po' di incoscienza e la passione. Siete sicuri che il “nuovo” le avrebbe avute? Non si è arrivati alla vodka ma si è comunque brindato con il merlot ticinese. Credo che per la realtà bianconera sia stato meglio così. Novoselskiy, per conto suo, può continuare a portare avanti l'interessante progetto con il Settore Giovanile. Ci vorranno anni ma forse qualche risultato ci sarà».

Hai parlato di passione. Per comprare, dovrà mostrarne anche il futuro acquirente. Magari quella cordata ticinese auspicata da Renzetti.
«Solo poche società riescono a fare calcio guadagnando. Mi viene in mente l'Udinese dei Pozzo, per esempio, che con la compravendita di giocatori risana i conti. Alle nostre latitudini è però difficile. È per questo che non mi convince chi, puntando su capitali stranieri, parla di progetti che hanno come obiettivo quello di chiudere l'anno a cifre nere. E se alle cifre nere non si arriva? Per quanto dura la pazienza di chi investe? Chiaro è invece che, se a impegnarsi fosse un insieme di imprenditori del posto, un minimo di cuore per il territorio sarebbe garantito. Sarebbe bello se il Lugano divenisse per il Ticino quello che il Sion è per il Vallese. Un punto di riferimento nel quale far confluire tutti gli sforzi».

A tutto ciò Renzetti pensa da qualche anno. Acquirenti ticinesi con i soldi in mano però non se ne sono visti.
«Vero. Ma l'immagine del Lugano di oggi è molto più solida di quella di cinque anni fa. La Super League è ormai una certezza, l'Europa League è arrivata due volte nelle ultime tre stagioni, la licenza arriva sempre in prima istanza... la continuità ha di certo giovato alla società. E poi c'è la questione stadio».

Entro il 2021 deve essere pronto o niente licenza.
«E finora non si è visto nemmeno un mattone. Ma se lo faranno, se nelle prossime settimane arriveranno altre garanzie in questo senso, il presidente potrà mettere anche queste sul piatto dell'eventuale trattativa».

Hai parlato con poco entusiasmo dei possibili cambiamenti societari in caso di acquisto di Novoselskiy.
«Sarebbe stato il padrone e – come ovvio e giusto – avrebbe messo suoi uomini nelle posizioni più importanti del club. La direzione tecnica e quella sportiva non so come sarebbero cambiate. E poi anche la squadra: l'allenatore, lo staff, i giocatori... di sicuro qualche avvicendamento ci sarebbe stato. E a questo punto dell'anno non sarebbe stato piacevole».

Normalmente i cambiamenti si fanno con l'intenzione di migliorare.
«L'intenzione è quella. Ma non sempre le modifiche danno il risultato sperato. Uno dei motivi per il quale l'anno scorso il Lugano ha completato un gran campionato è perché in società c'è stata unità d'intenti. I dirigenti remavano nella stessa direzione e lo spogliatoio era unito. Cambiare ora avrebbe di certo portato grande confusione. E i risultati ne avrebbero probabilmente risentito».

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