Lilian Thuram, ex difensore della Juventus e della nazionale francese, ha detto la sua dopo la bufera di questi giorni per il caso Koulibaly
NAPOLI (Italia) - «Il calcio deve fare di più contro il razzismo, è troppo timido». Lilian Thuram, ex difensore della Juventus e della Francia, è da sempre in prima linea nella lotta al razzismo ed intervistato dalla Gazzetta dice la sua dopo la bufera di questi giorni per il caso Koulibaly: «In tanti hanno paura a farsi sentire e a impegnarsi. Invece il movimento dovrebbe sfruttare molto di più l’enorme cassa di risonanza e le proprie capacità di comunicazione. Il calcio è in grado di parlare a tantissime persone. E il discorso razzista va bloccato a tutti i costi perché è estremamente pericoloso: sbocca sempre nella violenza, sempre. È un discorso di morte. Perché è un discorso che dice: "Lui non è come noi. Noi siamo migliori. Noi siamo legittimati, lui no". Ed è facile arrivare a pensare che l’altro possa essere addirittura eliminato. Il calcio non può restare a guardare, a far finta di niente quando il razzismo attecchisce negli stadi».
Thuram lavora con la Fondazione del Barcellona in programmi di aiuto ai migranti: «Ascolto i politici dichiarare "bisogna lasciare i migranti sulle navi": vuol dire che bisogna lasciarli morire. E come possiamo difendere l’idea che si possano lasciar morire delle persone? Come si può arrivare a pensare che certe persone siano illegittime in un luogo? Cosa ci può portare a pensare che noi abbiamo dei diritti e altri no? Pensando così ci rinchiudiamo in una gabbia le cui pareti sono nazionalità, pelle e religione. Dobbiamo imparare di nuovo a vedere le altre persone prima di tutto come esseri umani. Perché prima di essere un migrante quella persona è un essere umano, come noi».
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