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L'OSPITE - ARNO ROSSINIQuante lacrime per il Dio calcio: «Risultato di un'adolescenza non normale»

17.10.18 - 07:01
Soldi e fama spesso non saziano gli sportivi, a volte costretti a confrontarsi con problemi e depressione. Arno Rossini: «Famiglia e sostegno di uno psicologo fondamentali durante la crescita»
Quante lacrime per il Dio calcio: «Risultato di un'adolescenza non normale»
Soldi e fama spesso non saziano gli sportivi, a volte costretti a confrontarsi con problemi e depressione. Arno Rossini: «Famiglia e sostegno di uno psicologo fondamentali durante la crescita»
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LUGANO – Li vedi rincorrere un pallone, concentrati; sai che sono privilegiati perché sono dei simboli, degli idoli... e in più vengono pagati milioni. Quel che non sai (o che ti stupisce) è che non tutti godono del loro lavoro, del loro benessere.

In un mondo sempre più social, nel quale la sfera privata e quella pubblica spesso si annodano, si avvinghiano, si confondono fino a diventare un'unica cosa, sono infatti sempre più frequenti le confessioni di fenomeni del pallone, pronti a raccontare la loro scomoda verità. Questi semidei parlano di quanto complicato, doloroso e a volte odioso sia per loro scendere in campo ogni settimana. In barba a riflettori e denari, ad applausi e flash. Il calciatore, mestiere più bello del mondo? Per molti, non per tutti.

Ci sono quelli che non vivono davvero fino a che non smettono. Ci sono quelli che non “arrivano” e per questo non sorridono. Ci sono quelli che si svuotano vendendo la propria anima a un agente, che li cala su un tavolo ogni volta diverso come fossero carte da gioco.

Tutta un'esagerazione? Valutate voi. In meno di una settimana il gigante Per Mertesacker e Michael Carrick hanno ammesso di aver vissuto malissimo gli ultimi anni della carriera, frenati, divorati, da depressione e ansia. Da poco ritiratosi, il tedesco ex Hannover, Werder e Arsenal ha sottolineato di aver sofferto di malori ricorrenti con l'avvicinarsi dei match. Il britannico ex United ha invece stupito dicendo di non essersi mai ripreso da un errore commesso nel 2009, nella finale di Champions League contro il Barcellona. E da lì di aver praticamente smesso di provare emozioni.

«Sono situazioni particolari - è intervenuto Arno Rossini - nemmeno troppo rare nel mondo dello sport».

Chiaramente non si può fare di tutta l'erba un fascio. Ma come si arriva a odiare qualcosa che invece dovrebbe essere solo gioia?
«Capita per il semplice fatto che molti sportivi d'élite non hanno vissuto un'adolescenza normale. Non hanno vissuto le esperienze tipiche di quell'età».

Torniamo al calcio. Chi punta al professionismo, a che età lascia casa?
«Dipende dalle situazioni. Mediamente a dodici-tredici anni. È in quel momento che gli islandesi, per fare un esempio, partono per continuare la loro formazione nelle scuole calcio. Spesso in quelle britanniche».

Lì cominci a formarti veramente come calciatore, ma non lo fai come uomo?
«Esatto. Qualcuno di quelli che non rispetta i passaggi normali della crescita, che magari non ha un carattere forte e non ha la famiglia accanto, rischia di non sviluppare gli anticorpi per le situazioni problematiche che andrà a incontrare».

Nonostante i centri di formazione siano sempre più curati e moderni, la vicinanza dei cari è fondamentale?
«Sempre. In più, fin da giovanissimi, gli sportivi dovrebbero essere affiancati, appoggiati, da bravi psicologi. In Ticino, per esempio, a seguire i nostri calciatori ci pensa Giona Morinini, bravissimo e preparatissimo. Con lui noi siamo in una botte di ferro. Siamo fortunatissimi».

Ansia, pressione, preoccupazione... in fondo però stiamo parlando di una partita di pallone. Ha senso “consumarsi” tanto?
«Dare tanto peso allo sport? Se sai che c'è un mondo “esterno”, se non vivi in una bolla, alle delusioni e ai problemi del campo puoi dare il giusto peso. E puoi superarli. Se invece quel che hai e fai ruota intorno a un gioco, perché appunto non hai avuto modo di vedere e capire che c'è anche dell'altro, tutto diventa più complicato. Guardate Jamie Vardy, attaccante del Leicester: “arrivato” dopo la gavetta, ha uno spessore diverso rispetto a molti colleghi. Sa cos'è la vita vera, quali sono i veri guai. Per questo quel che capita sul rettangolo verde lo segnava meno di altri».

Vero. Imporsi da maturi ha però anche un rovescio della medaglia: hai meno possibilità rispetto a chi è partito da lontano, da giovanissimo.
«Da calciatore hai forse qualche problema in più. Da uomo sicuramente qualcuno in meno».

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