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MISANO ADRIATICO"La riviera romagnola e la NBA? Non sapete quanto mi manca il Ticino"

04.02.14 - 07:01
Al ticinese Davide Prati, gestore di un ristorante nella Penisola e protagonista del basket americano a Memphis, la nostra terra è rimasta nel cuore: "Pensavo offrisse poco ma l'ho rivalutata. Casa è sempre casa"
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"La riviera romagnola e la NBA? Non sapete quanto mi manca il Ticino"
Al ticinese Davide Prati, gestore di un ristorante nella Penisola e protagonista del basket americano a Memphis, la nostra terra è rimasta nel cuore: "Pensavo offrisse poco ma l'ho rivalutata. Casa è sempre casa"
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MISANO ADRIATICO (Italia) – C’è un ticinese doc che vive in Italia e lavora negli Stati Uniti. C’è un ticinese doc che partito annusando il basket a Massagno, è finito a stropicciarsi gli occhi davanti a quello della NBA.

No, non è l’inizio di una barzelletta. È una storia, curiosa, verissima e che val la pena di essere raccontata. Il nostro uomo è Davide Prati, nato a Sorengo e “protagonista” di infanzia e giovinezza in Ticino. Prima del grande salto…

“Andiamo con ordine – è intervenuto proprio Davide – sono il classico ragazzo ticinese, nato lì, ho fatto elementari, medie e commercio da voi, ho cominciato a lavorare da voi…”.

Da voi, suona strano. Quasi come il tuo accento romagnolo…
“A un certo punto la mia vita cambiò e mi trovai a lavorare a Bologna”.

Ci siamo persi qualche passaggio. Torniamo alle scuole.
“Fatte senza troppe convinzione. Poi, dopo qualche soggiorno all’estero per imparare inglese e tedesco, cominciai a lavorare nella società di mio padre, nella quale si curavano anche gli interessi di molti sportivi”.

Ecco il primo legame con lo sport.
“No, quello arriva da più lontano. Mio padre, Renzo, giocò a lungo negli anni d’oro del basket ticinese. Lui non mi spinse ma anch’io, alla SAM, provai. Senza troppa convinzione però. I primi rapporti con atleti e procuratori iniziarono allora”.

Poi?
"Devo ammettere che lavorare sotto mio papà, all'epoca, non fu facile: io ero giovane, spensierato e sicuramente non ancora maturo. Prendemmo insieme la decisione di mandarmi a fare le ossa per un paio di anni lontano da casa. E grazie al buon rapporto che lui aveva con la Fortitudo Pallacanestro, fu facile trovare posto a Bologna. Dovevo restare un paio d’anni e alla fine però non sono più tornato”.

E lì tutto cominciò.
“Vero. Avevo 23-24 anni, ci volle coraggio ma partii. Il primo anno, nel club emiliano, feci un po’ tutto. Feci apprendistato. La stagione seguente Zoran Savic smise di giocare e divenne general manager. Lo scout che lavorava in Fortitudo andò ai Lakers e io, che con Zoran andavo d’accordissimo, fui “promosso”.

Scout in una società storica del basket italiano.
“E i cambiamenti non erano ancora finiti. Dopo qualche stagione il club cominciò infatti ad avere problemi. Io iniziai a collaborare con i Celtics e, casi della vita, anche qui un cambiamento mi favorì. Il general manager di Boston andò a Memphis e mi chiese di seguirlo. E ora sono ai Grizzlies”.

Scout in una franchigia NBA.
"A Memphis andrò tre, quattro volte l’anno. Il resto del mio lavoro è qui in Europa. Mi bastano un PC, un telefono, dei biglietti aerei e il gioco è fatto”.

Vedrai migliaia di ore di match…
“Osservo giocatori, stendo relazioni. A Memphis mi chiedono opinioni e pareri. Poi ovviamente le decisioni finali spettano ai miei capi. Io valuto principalmente i giovani in prospettiva Draft e gli americani che non sono stati mai scelti e che migliorando nel Vecchio continente, possono rientrare nei piani di una franchigia come Free Agents”.

Sei sempre in giro. Hai modo di goderti un po’ Bologna?
“A dire il vero ho lasciato da quasi sette anni la città. Ho incontrato una ragazza di Misano Adriatico  e… l’ho sposata. Da allora vivo in Romagna. E ci lavoro”.

Come scout?
“No, oltre a quell’occupazione, con mia moglie e la sua famiglia gestisco un ristorante”.

Il passo dal tranquillo Ticino alla riviera romagnola, passando da Bologna e Memphis, pare lungo…
“Molto. Volete sapere la verità? Lugano e tutti quei posti mi mancano parecchio. Da giovane non era così, pensavo ci fosse poco, che le attrazioni non fossero sufficienti. Ora però ho rivalutato incredibilmente la mia terra, le sue bellezze e il suo stile di vita. Il Ticino è il Ticino”.

Misano non è poi male…
"A Misano mi trovo bene, vivere al mare ha sempre il suo fascino anche se casa è sempre casa”.

Tra quel che più ti manca, ci scommettiamo, ci sarà la tua famiglia.
“I miei genitori li vedo abbastanza. Ci vengono a trovare… e poi, quando sono a Milano per lavoro, un salto a Lugano lo faccio sempre. Con i miei fratelli è dura. Anche perché, con il ristorante, le loro vacanze corrispondono per me a un periodo di grande lavoro. Ultimamente, comunque, sono riuscito a riallacciare vecchie amicizie che con il passare del tempo si erano un po’ perse. E questo mi ha fatto molto piacere”.

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