Lo spagnolo: «Il virus? Sono preoccupato per i miei genitori e per la mia famiglia».
«Dobbiamo coltivare la fiducia. Con il rispetto. Verso noi stessi, verso i nostri cari, verso gli altri. E poi con la responsabilità e la logica».
MAIORCA - Tra partite senza pubblico e un calendario che viene riscritto spesso causa Covid i tennisti cercano di tenere alto il ritmo. In attesa di tempi migliori. Nonostante appunto il momento delicato, nelle scorse settimane un motivo per esultare parecchio Rafael Nadal l'ha avuto: vincendo per la 13esima volta il Roland Garros ha raggiunto a quota 20 Slam il nostro Roger Federer. Ma è stata una goccia di felicità in un mare di preoccupazioni e d'incertezza generale.
In un periodo di pandemia mondiale, quanto il maiorchino teme il virus? «Non per me - le sue parole al Corriere della Sera - Sono abbastanza giovane, il fisico ancora risponde. Però, se mi infetto, posso infettare persone a rischio. Sono preoccupato per i miei genitori, per la mia famiglia. Per la mia comunità. È il momento più duro della nostra vita. Per questo è il momento di lottare, per cose molto più importanti di una partita di tennis. Dobbiamo coltivare la fiducia. Con il rispetto. Verso noi stessi, verso i nostri cari, verso gli altri. E poi con la responsabilità. E la logica. Si muore per il virus; ma si può morire anche di fame. Il colpo all’economia è stato durissimo. Bisogna trovare l’equilibrio tra la salute e il lavoro, tra la protezione sanitaria e quella sociale. La sicurezza è fondamentale; ma lo sono anche la libertà e la dignità».
...dalla pandemia all'uomo che sui campi, a quasi 40 anni, fa ancora emozionare il mondo intero... «Roger Federer è uno dei più grandi uomini nella storia dello sport. È stato il mio grande rivale; e questo ha giovato a entrambi, e un poco pure al tennis. Abbiamo diviso un tratto di vita. In alcune cose ci assomigliamo: teniamo alla tranquillità, alla famiglia. In altre siamo diversi. In cosa? Abbiamo caratteri, culture, modi di vita differenti».
E poi l'aneddoto riferito a chi, ancora prima dei 20 anni, non vide così tanto talento nel "serbatoio" del mancino di Manacor... «A 19 anni mi dissero che non avrei più giocato. Quella fragilità ora è forza...».