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L'OSPITESalari minimi: pericolo per il settore alberghiero

03.04.14 - 17:03
Fernando Brunner, Presidente di hotelleriesuisse Ticino
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Salari minimi: pericolo per il settore alberghiero
Fernando Brunner, Presidente di hotelleriesuisse Ticino

Nel settore alberghiero vige un partenariato sociale mantenuto intatto per decenni. Il CCNL obbligatorio su tutto il territorio nazionale esiste dalla metà degli anni '70. Verrebbe da dire che se un settore importante come quello alberghiero e della ristorazione convivono da così tanti anni con un contratto collettivo a livello nazionale, si potrebbe benissimo applicare questo principio sul salario minimo.

 

La realtà è tutt'altra! Prima di tutto i diversi settori economici hanno risorse e necessità operative e di penetrazione sul mercato nazionale ed internazionale diverse tra loro; in secondo luogo anche dove vige un contratto collettivo nazionale, come nel nostro caso, le diverse realtà economiche delle singole regioni della Svizzera penalizzano quei cantoni, come il Ticino, che si trovano confrontati con una marcata concorrenza di Paesi vicini.

 

In questi anni abbiamo lavorato bene con i sindacati specifici di settore. L'iniziativa favorisce i sindacati interprofessionali i quali si baseranno sulla legge e sull'onnipresenza e non più sul loro radicamento nello specifico settore. Il nostro CCNL prevede da sempre salari minimi: questi ultimi vengono rinegoziati di anno in anno tenendo conto delle condizioni quadro economiche.

 

In un contesto di grande concorrenza internazionale, l’introduzione del salario minimo comprometterebbe la competitività dei nostri alberghi, mettendo in serio pericolo molti posti di lavoro nel turismo. Inoltre, da 40 anni il contratto collettivo nazionale per l'industria alberghiera e della ristorazione, elaborato congiuntamente da datori di lavoro e dipendenti, costituisce già una solida base per condizioni lavorative eque. È inevitabile che ci sia una differenza salariale tra dipendenti qualificati e non: i primi (con tirocinio) guadagnano già oggi più di quanto stabilito dall'iniziativa, i secondi invece sono incentivati a sviluppare le proprie competenze, a tutto vantaggio della qualità del servizio tipica dello stilo svizzero.

 

I salari minimi legali metteranno i salari del CCNL sotto pressione. E' impossibile aumentare il salario minimo dei lavoratori poco qualificati senza che ciò abbia ripercussioni sugli altri salari della struttura salariale esistente.

Quindi, o i salari saranno tutti corretti verso l'alto - cosa che comporterà un incremento massiccio dei costi - o, allora, un salario minimo troppo elevato per i collaboratori poco qualificati si tradurrà in una correzione verso il basso degli altri salari, con conseguente perdita di qualità dei nostri alberghi.

Inoltre, l'aumento importante della massa salariale generato da questa iniziativa, porterebbe inevitabilmente ad una rivalutazione dell'organizzazione del lavoro, con un forte aumento del precariato e dell'impiego a tempo parziale.

 

Con questa iniziativa, la produttività e l'importanza regionale di un settore non sono considerate e i salari minimi sono fissati senza tenere conto del costo della vita o della produttività di un settore. La pressione sui costi farà aumentare la richiesta di manodopera qualificata a scapito della meno qualificata che rischia di essere licenziata.

Il salario minimo non è l'unico indicatore della qualità del rapporto di lavoro. Per un buon rapporto di lavoro contano anche altri parametri, come la promozione del perfezionamento professionale, le opportunità di carriera, le buone prestazioni sociali o una regolamentazione generosa in materia di vacanze. E su questo fronte il Contratto collettivo del settore alberghiero e della ristorazione offre numerosi vantaggi consolidati come le 5 settimane di vacanza e la 13.ma dal primo giorno. Nel caso di accettazione dell'iniziativa, lo scenario prevedibile è quello della disdetta del CCNL attuale per passare alla base prevista dalla legge, ovvero 4 settimane di vacanza e nessuna 13.ma.

 

hotelleriesuisse Ticino respinge l'iniziativa in quanto dannosa per il settore e per i 250'000 collaboratori coinvolti.

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