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L'OSPITETumore al seno: finalmente arriva lo screening

06.07.13 - 14:18
Sara Demir, consigliera comunale di Bellinzona
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Tumore al seno: finalmente arriva lo screening
Sara Demir, consigliera comunale di Bellinzona

Grigioni, San Gallo, Turgovia e i cantoni romandi finanziano programmi di screening mammografico per prevenire il cancro al seno. Finalmente ora anche il Consiglio di Stato ticinese ha approvato il progetto presentato da un gruppo di studio coordinato dal medico cantonale Giorgio Merlani e sostenuto da molti politici. Ricordo una mozione del 2006 firmata da tutte le deputate in Gran consiglio (prima firmataria Marina Carobbio), come pure le interpellanze e le interrogazioni presentate da Nadia Ghisolfi e cofirmatari del PPD.

Obiettivo: la diagnosi precoce del tumore al seno per le donne tra i 50 e i 69 anni. Gli esami sono rimborsati in buona parte dalle casse malati. Il cantone intende assumersi la partecipazione ai costi del 10% a carico dell'assicurata. Nel complesso, un programma di screening di qualità è un investimento molto basso rispetto ai costi elevati di cura dei tumori.

Le campagne di screening organizzate dall'ente pubblico sono molto utili, ma è importante che l'informazione data alla donna sia completa. Uno screening ben fatto, nella media generale, porta benefici. Ma nel caso singolo può comportare conseguenze negative.

Sull'arco di dieci anni, otto donne su mille tra i 50 e i 69 anni muoiono di tumore al seno. Due di queste otto possono salvarsi grazie allo screening mammografico. Nello stesso tempo circa duecento donne su mille, sempre sull'arco di 10 anni, sono confrontate con lo stress psicologico di un falso sospetto di tumore.

Le donne tra i 50 e i 69 anni che partecipano allo screening riducono il rischio di morire nei prossimi 10 anni dello 0,2%. Nello stesso tempo hanno il 20% di probabilità di subire il peso psicologico di un falso allarme e il 5% di probabilità di subire una biopsia che non servirà a nulla.

La diagnosi precoce aumenta il numero di tumori rilevati dal 20% al 50%. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di tumori piccoli. Molti di questi non causano alcun problema. Purtroppo non è sempre possibile sapere in anticipo quali di questi piccoli tumori causeranno problemi e quali invece sono del tutto innocui. Nel dubbio la donna viene dunque sottoposta a un trattamento pesante. Tutti questi esami, biopsie e trattamenti, come raggi o chemioterapie, sono in buona parte inutili e possono aumentare il rischio di tumori successivi.

Insomma: per salvare una donna dalla morte per tumore al seno ci vogliono 2500 mammografie a donne sane, 100 diagnosi sbagliate e 25 biopsie totalmente superflue. Purtroppo non è possibile fare altrimenti perché la medicina non è una scienza esatta.

Proprio a causa di queste conseguenze negative, la mammografia non è consigliata a tutte le donne, ma solo a chi ha tra i 50 e i 69 anni, come pure quando la madre, la sorella oppure la figlia hanno avuto il cancro al seno. In questi casi il rischio di ammalarsi aumenta da 2 a 4 volte. Nel complesso una donna su venti colpita dal tumore al seno presenta una predisposizione genetica.

C'è poi il rischio di un'interpretazione sbagliata della mammografia, la quale può essere diversa da un radiologo all'altro. In caso di dubbio, alle donne consiglio di farsi consegnare la mammografia e farla esaminare da due radiologi diversi. Il secondo medico dovrebbe essere molto esperto e non dovrebbe essere a conoscenza di quel che ha detto il primo. 

Io trovo molto positivo che il Consiglio di Stato e il medico cantonale appoggino il programma di screening in Ticino. Ricordo però che la decisione se sottoporsi o no alla mammografia non spetta né allo Stato né ai medici, bensì unicamente alla donna. Per decidere dobbiamo essere informate. Chiedo dunque agli organizzatori di questa campagna di fornirci tutti gli elementi necessari per prendere una decisione autonoma e ponderata.

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