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L'OSPITECase senz'armi

01.02.11 - 10:07
Davina Fitas, candidata al Gran Consiglio
Ti-Press Carlo Reguzzi
Case senz'armi
Davina Fitas, candidata al Gran Consiglio

L’iniziativa “per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”, sulla quale siamo chiamati a votare il prossimo 13 febbraio, concerne l’uso e il possesso non giustificato delle armi più pericolose. Chiariamo subito che le “tradizioni” svizzere legate all’uso delle armi (come la caccia, il tiro sportivo, le collezioni private, il tiro obbligatorio) non sono toccate dalle richieste limitative dell’iniziativa. Quella minima parte della popolazione che per costume, folklore o individuale tendenza ha una visione di “patria” strettamente vincolata all’uso o al possesso di un’arma nei suddetti ambiti, potrà continuare a farlo. I valori formanti della nostra società e la nostra identità nazionale vanno ben oltre il fatto di tenere “annidata” in casa un’arma; pensiamo a tutti quelli che non l’hanno: dovrebbero essere meno “patriottici” degli altri?

Non è che si è “svizzeri” vivendo come nel Medioevo originario della Confederazione, quando troppo spesso l’unica risposta ad un sopruso era la violenza. Allora gli “eroi primitivi” non avevano altre risorse: né formazione culturale, né aperture verso altre identità, né autentica capacità di dialogo o mediazione. A molti pare che questa fosse una situazione assai romantica, ma sappiamo che era terribile da vivere, e tutto sommato quella moderna è una “vera” civiltà umanistica di benessere, conquistata in secoli di ragione e pacifismo. Anzi, proprio ora che la vediamo minacciata da crescenti problemi di occupazione, di comunicazione, di perdita d’identità, dovremmo pensare a facilitare uno stato di calma e riflessione.

A tutti noi capita di trovarsi catturati da difficoltà e problemi, e in questi casi è sicuramente opportuno non avere sott’occhio esempi o strumenti di troppo facile soluzione come un’arma. Siamo già circondati fin da bambini da immagini di violenza spesso cruda ed estrema, come se bastasse sparare per sconfiggere il male, dimenticando che è sempre dentro o accanto a noi, per cui è parlando e confrontandoci che possiamo arginare o risolvere i problemi.
E tutto ciò non pregiudica in alcun modo l’esistenza di un esercito nazionale, che – per molti – è soprattutto un’occasione per apprendere la disciplina, la collaborazione e il rispetto delle regole, e non ha bisogno di cittadini costantemente armati per esistere. Il nostro esercito cittadino saprà comunque e sempre capire la sua funzione difensiva e non aggressiva; per questo spetta a loro conservare le armi e non alle nostre case.

Se vogliamo essere coerenti con i nostri principi politici popolari, democratici e per molti di ispirazione cattolica, abbiamo il dovere di mettere l’umanità al centro dei nostri interessi, non certo l’interesse di pochi sul possesso ingiustificato di uno strumento di morte.

Foto Ti-Press Carlo Reguzzi

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