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MONDO TVMa alla RTSI chi è che guida?

03.01.08 - 12:01
di Ovidio Biffi
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Ma alla RTSI chi è che guida?
di Ovidio Biffi

Dev’essere andata così: uno decide di inviare gli auguri anche al più autorevole e ascoltato critico televisivo dell’Insubria. Auguri a uno che conta e che sa, inviati da uno che sa di contare e conta che si sappia. Un augurio semplice, una cosa normale, insospettabilmente carina e carinamente insospettabile.
Dev’essere per forza andata così, mi sono detto leggendo l’articolo di Aldo Grasso mercoledì sul Corriere della Sera, in cui il critico televisivo si rivolge ai telespettatori italiani, per dire loro, e anche un po’ per convincerli, di quanto «in progress» sia la piccola RTSI.

«Il futuro passa dalla Tv svizzera» è il roboante titolo e l’attacco non lascia dubbi: «Mentre la Rai è alle prese con il caso Saccà e la riforma Gentiloni stenta a vedere la luce, la Televisione della Svizzera italiana è un laboratorio in piena evoluzione». E vai con il liscio, sembra di sentire. Infatti l’elogio si precisa: «La tv generalista è in lento ma costante declino? Bisogna fermare l’emorragia di pubblico. La nozione di Servizio Pubblico è in crisi? Forse è il caso di ripensarla». La convinzione si rafforza leggendo il seguito: «Fra non molto a Lugano vedremo i risultati (e saremo in grado di giudicarli) ma per intanto è con invidia che registriamo come si affronta il futuro. Il primo grande lavoro da affrontare è questo: la convergenza tecnologica (internet, telefonia mobile, i nuovi protocolli tv, ecc.) costringe l’azienda ad una riorganizzazione del lavoro. Ha ancora senso, ad esempio tenere distinte le redazioni di&nbsp radio e tv? Non sarebbe il caso di unire le forze e differenziare solo i canali?».

Ce ne sarebbe abbastanza, ma Grasso ormai va giù di brutto. Ecco come: «L’audience chiede al Servizio Pubblico di essere coinvolta maggiormente, di partecipare, di essere più vicina allo spirito della rete. Bisogna quindi trovare quelle modalità, quelle tipologie di programma in grado di soddisfare questa esigenza. La radio, in questi anni, è diventata di “flusso”, proprio per essere più vicina ai suoi ascoltatori (…) Perché allora non fare una tv di flusso?» dice ancora il critico del Corriere della Sera. E poi conclude: «Il cantiere è aperto, la piccola Tsi ci sta insegnando qualcosa. E presto ne riferiremo».

Oddio, che emozione! Certo, per così tanta attenzione da parte di un celebre critico televisivo verso la nostra Tv. Ma emozione anche per un altro, più piccolo, e nel contempo abbastanza rognoso, motivo. All’inizio di questo suo articolo sulla TSI Grasso dice: «Il 2008, sotto la guida di Jacky Marti, sarà un anno impegnativo». Si potrebbe pensare ad un «lapsus». Ma quel finale, quel «“flusso” della radio» e a quella «tv che dovrebbe diventare “di flusso”» qualche dubbio lo lascia. Perlomeno suggerisce una domanda: se un Aldo Grasso sul Corriere della Sera affida il 2008 della RTSI a Jacky Marti, alla RTSI chi ha in mano il volante e sta guidando?

Inutile aspettare risposte. Meglio pensare che il “flusso” sia già in atto, che a Besso e Comano anche le poltrone in pelle umana fluttuano: nessuno sa più chi comanda e, soprattutto, nessuno sa chi deve ubbidire ed eseguire. Insomma: questo è il bello del «flusso», bellezza! Al collega Aldo Grasso rivolgiamo un unico timidissimo consiglio per quando vorrà tornare sul cantiere della Tsi: chieda come sia stato possibile progettare un futuro multimediale e un Servizio pubblico moderno senza consultare la signora C, cioè la Cultura. Perché alla RTSI, proprio come Cenerentola, la Cultura è stata mandata in soffitta (o in cantina). Perché al posto delle scarpette il “flusso” predilige (anzi: esige) piedi piatti e scarponi.

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