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L'OSPITELe scuole vanno rese sicure!

18.10.21 - 15:57
Riccardo Fanciola, giornalista
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Le scuole vanno rese sicure!
Riccardo Fanciola, giornalista

È l’appello che un gruppo di ricercatori di primo piano rivolge alle nostre autorità in una lettera aperta pubblicata pochi giorni fa dallo Swiss Medical Weekly

La notizia non sembra avere suscitato grande attenzione nemmeno da parte dei domenicali. A mia conoscenza soltanto Le Temps ne ha parlato. Eppure, in Svizzera è una cosa mai vista. Un gruppo di epidemiologi e medici di primo piano ha firmato venerdì, sul settimanale Swiss Medical Weekly una lettera aperta in cui contesta punto per punto una recente presa di posizione di Pädiatrie Schweiz, l’organizzazione professionale dei pediatri svizzeri. Ed è, fin dal titolo, decisamente esplicita: “Una strategia di salute pubblica, fondata sulla scienza, deve guidare le scuole svizzere nel corso del prossimo inverno”.

Redatta dall’epidemiologa Olivia Keiser dell’Institute of Global Health dell’Università di Ginevra e dalla virologa Isabella Eckerle, co-direttrice del Centro per le malattie virali emergenti degli ospedali universitari di Ginevra, la lettera aperta è stata sottoscritta da altre personalità di spicco del mondo universitario svizzero: Thomas Agoritsas, professore di epidemiologia agli ospedali universitari di Ginevra; Christian Althaus, ricercatore in capo presso l’Istituto di medicina sociale e preventiva dell’Università di Berna; Andrew Azman, epidemiologo della John Hopkins University che collabora con l’università di Ginevra; Dominique de Quervain, professore di psicologia dell’Università di Basilea e voce molto presente nel dibattito sulla pandemia; Antoine Flahault, direttore dell’Institute of Global Health di Ginevra, che ho più volte citato nei miei pezzi; Arnaud Merglen, pediatra e docente dell’Università di Ginevra; Myrofora Goutak, dell’Istituto di medicina sociale e preventiva dell’Università di Berna.

L’elenco è lungo e può sembrare stucchevole, ma dà la misura del peso della lettera aperta, che con puntiglio risponde - e demolisce - le tesi di Pädiatrie Schweiz. Se la necessità di una strategia unica a livello nazionale e di puntare sulla vaccinazione degli over 12 per ridurre l’impatto della pandemia sui più giovani non è contestata, altrettanto non si può dire dell’invito a utilizzare il meno possibile strumenti come test generalizzati, obbligo di indossare la mascherina e quarantene per garantire la continuità dell’insegnamento nelle scuole.

“Crediamo anche noi che il fine primario di qualsiasi strategia di salute pubblica sia quello di garantire ai ragazzi un’educazione senza interruzioni, che nel contempo deve però essere sicura”, ribatte la lettera aperta. E prosegue: “Contrariamente alla presa di posizione di Pädiatrie Schweiz, sosteniamo che una serie di misure di salute pubblica debbano essere considerate essenziali per raggiungere questo obiettivo”. Agli argomenti dell’Organizzazione dei pediatri svizzeri, la lettera aperta contrappone i dati scientificamente accertati relativi alle conseguenze che la Covid-19 può avere per i bambini e i vantaggi che per contro garantiscono le misure di contenimento del virus nelle scuole.
 
La società dei pediatri minimizza in effetti i rischi della variante Delta, affermando che per i bambini non sono superiori a quelli delle varianti precedenti, benché i dati disponibili siano al momento limitati e diversi studi suggeriscano che essa sia più pericolosa non per solo per gli adulti ma anche per i bambini, che in casi fortunatamente rari possono necessitare di cure intensive a causa della sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica (PIMS-TS) e che soprattutto possono soffrire delle conseguenze a lungo termine della Covid-19: la cosiddetta Long Covid, oggi ancora poco conosciuta, che si riscontra con una certa frequenza anche tra i più piccoli.

Nemmeno sul numero di bambini già entrati in contatti con il virus i firmatari della lettera aperta concordano con le valutazioni dei pediatri: i dati disponibili non permettono di concludere che più del 40 per cento dei ragazzi si fosse già infettato prima dell’inizio della quarta ondata. E d’altra parte, “test regolari nelle scuole - sottolineano - possono avere un ruolo centrale nell’identificazione precoce dei casi e nell’interrompere i contagi, riducendo così i rischi di chiusura di scuole e aumentando la trasparenza e la fiducia nella popolazione”.

Secondo Pädiatrie Schweiz, dal momento che l’età dei contagiati tende ad abbassarsi con il passare del tempo, la via di trasmissione del virus sarebbe dai più grandi ai più piccoli e i luoghi principali di infezione resterebbero la casa e la famiglia. “Dall’apertura delle scuole - ribattono i firmatari della lettera aperta - molti Cantoni hanno registrato un aumento dei casi nei bambini al quale non corrisponde un aumento negli adulti. È molto improbabile che la maggior parti di loro si sia contagiata fuori dalle scuole, quando un ampio numero di bambini che appartengono alla stessa classe o scuola risulta positiva ai test in pochi giorni”. Non solo: dal momento che più della metà della popolazione svizzera è vaccinata e che tra i vaccinati i contagi sono meno frequenti, “se la trasmissione avvenisse soprattutto dagli adulti ai bambini, il numero dei casi tra i bambini dovrebbe diminuire con l’aumento del tasso di vaccinazione negli adulti, invece di aumentare, come abbiamo osservato”. Infine, dati del Regno Unito indicano che già prima della variante Delta erano spesso ragazzi tra i 2 e il 16 anni a introdurre il virus nell’ambito famigliare.

La lettera aperta si concentra poi su quel che si dovrebbe fare per rendere sicure le scuole: “Misure protettive come test regolari, l’uso della mascherina, la ventilazione naturale, filtri del particolato dell’aria ad alta efficienza (filtri HEPA) e la vaccinazione degli insegnanti sono molto efficaci senza essere invasive”, scrivono gli autori della lettera aperta. “È stato mostrato in studi epidemiologici che benché l’insegnamento in presenza sia associato a un rischio accresciuto di contagio nelle famiglie, esso può essere compensato da sufficienti misure di mitigazione nelle scuole”.

Citando l’Organizzazione mondiale della sanità e i Centers for Disease Control statunitensi, che suggeriscono l’uso della mascherina a partire dai sei, rispettivamente dai due anni, la lettera aperta prende poi di petto un’altra affermazione di Pädiatrie Schweiz, secondo cui “l’obbligo di usare le mascherine dovrebbe essere ridiscusso, specialmente nelle scuole primarie”, perché sarebbe poco efficace. Dati provenienti dagli Stati Uniti mostrano in effetti che, in aggiunta ad altre misure, l’uso delle mascherine è “associato a una diminuzione significativa del rischio di contagio nelle scuole”: per l’esattezza una diminuzione del 37 per cento! E riduzioni del rischio analoghe valgono per la ventilazione e anche per i sistemi di filtraggio dell’aria, che i pediatri giudicano non sufficientemente studiati e quindi non prioritari.

Ultimo argomento le quarantene, che secondo l’organizzazione dei pediatri “dovrebbero essere applicate in modo flessibile e proporzionato”, addirittura rinunciandovi in caso di test ripetuti tranne in caso si più contagi in una stessa classe. Dopo averne ricordato l’efficacia, gli autori della lettera aperta sottolineano che grazie a quarantene e test regolari si riduce la diffusione del virus nelle scuole e si hanno di conseguenza meno bambini in isolamento.

Insomma, “mettendo in atto misure efficaci, migliorerà la sicurezza di bambini, adulti e di tutto il sistema sanitario”, sottolinea la lettera aperta, che dopo ricordato il parere analogo della Task force scientifica svizzera, conclude: “Proteggere i bambini non è solo un imperativo morale, ma aiuterà anche a controllare l’epidemia e ad assicurare un’educazione continua nel corso del prossimo inverno”.

Che aggiungere, se non l’augurio che le autorità diano loro ascolto? In gioco c’è la salute delle prossime generazioni. Non è poco.

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