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L'OSPITEUn accordo fiscale da sempre imposto e agrodolce

05.01.21 - 13:49
di Luca Campana, esponente PPD
Luca Campana
Un accordo fiscale da sempre imposto e agrodolce
di Luca Campana, esponente PPD

PREGASSONA - Un po’ come se padre Elvezio costringesse a utili nozze la figlia Ticinia, indisposta verso nuove nozze, facendole credere che sposando il giovane Italo le relazioni commerciali tra le due famiglie avrebbero avuto fortuna e pure il suo futuro da coniugata migliorato grazie alla sostanziale dote.

È da più di mezzo secolo che il Ticino soffre per gli interessi strategici di Berna, come quando una moltitudine di interessi furono letteralmente barattati con l’accordo del 1974.

Accordo che tra l’altro non prevedeva la reciprocità del ristorno, per cui diversi comuni ticinesi non beneficiarono già dall’inizio di alcun ristorno sulle imposte dei lavoratori svizzeri che prestano lavoro in Italia.  

Tra gli anni ’60-70 con la parziale liberalizzazione delle frontiere, l’apertura dei trafori alpini e l’inaugurazione di moderne arterie autostradali le azioni della "cupola" furono volte a favore di minori dazi di prodotti “interni” ma soprattutto come moneta di scambio per il riconoscimento da parte italiana del segreto bancario elvetico.

Gli italiani e i residenti in Svizzera devono ringraziare Renzi e la Confederazione elvetica, quest'ultima solo a posteriori ha reagito, da quando nel 2015 lo Stato italiano pretese i nomi degli italiani che avevano conti correnti sul nostro territorio e mise la Svizzera nella lista nera, la Confederazione a quel punto chiese sostanzialmente due cose: un nuovo accordo sui frontalieri e la lista degli italiani residenti che avevano una o più proprietà in Italia e non l'avevano mai dichiarata al fisco svizzero.

Tra 10 anni potrebbe essere tutto diverso l'attuale accordo. Ogni cinque anni come da art.10 l’accordo potrà essere rivisto e revisionato. Ma teoricamente per i frontalieri non cambia nulla…poi si parte solo dal 2023. Che se ne dica la disdetta unilaterale non sarebbe stata comunque possibile; ieri come oggi molte multinazionali sono in Ticino per due motivi, il basso costo della manodopera fornita dai frontalieri e un'imposizione fiscale conveniente.

Se viene a mancare la prima, le aziende importate dovranno per forza accrescere la seconda con la richiesta di sgravi fiscali o altro.

Di contro c'è da dire che non sappiamo come cambierà l'economia dopo che questa pandemia finirà. Forse per un cambiamento reale del mercato a lungo termine i lavoratori italiani dovrebbero essere soppiantati da manodopera extra-nazionale proveniente da chissà dove, la globalizzazione lo permetterà.

Il presupposto di eliminare il dumping salariale sarà difficilmente sconfitto perché da tempo non c’è un intento manageriale e politico, così in pratica tutti i distretti più vicini al confine si vedranno sempre più impoveriti; poi arriverà il resto.

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