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L'OSPITEContro l’industria bellica, a favore della pace e per un maggiore controllo sulla BNS

13.11.20 - 09:02
Partito Comunista
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Contro l’industria bellica, a favore della pace e per un maggiore controllo sulla BNS
Partito Comunista

Il prossimo 29 novembre saremo chiamati a votare sull'iniziativa popolare «Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico», la quale intende in sostanza impedire alla Banca nazionale svizzera (BNS), agli istituti della previdenza statale e alle casse pensioni di sovvenzionare l’industria degli armamenti. Nell'ottica di arginare lo sperpero di denaro nell'apparato bellico, di promuovere una politica attiva a favore della pace e di rilanciare gli investimenti pubblici nei settori più strategici, il Partito Comunista sostiene pertanto con decisione la modifica costituzionale.

A fine 2017, soltanto la BNS gestiva un patrimonio di quasi 840 miliardi di franchi, mentre le 1700 casse pensioni un patrimonio di circa 820 miliardi di franchi. Una parte di queste ingenti somme sono destinate alla produzione di materiale bellico, foraggiando un commercio contrario agli interessi della maggioranza della popolazione, al principio della cooperazione pacifica tra le nazioni. Oltre a sottrarre importanti risorse da altri investimenti e a danneggiare l’ambiente, il finanziamento degli armamenti alimenta infatti i conflitti e le tensioni internazionali, che sono oltretutto sempre più alla base del problema dei flussi migratori. Risulta dunque intollerabile che la Svizzera, non volendo contribuire a limitare una pregiudizievole diffusione di armi e attrezzature militari, si trovi a vedere compromessa una politica di neutralità credibile e conseguente a causa di un gruppo di “pescecani”.

Nell’auspicio di una regolamentazione più stringente anche per le banche e le assicurazioni, per le quali l'iniziativa si presenta meno vincolante, riteniamo comunque importante che almeno alla BNS e alle casse pensioni sia imposto il divieto di finanziare il commercio bellico e di detenere titoli di società che generano oltre il 5% del proprio fatturato dalla produzione in ambito militare. Del resto, un tale provvedimento va inserito nella più ampia lotta contro la corsa al riarmo e a favore della pace, nell’ambito della quale la costruzione di un mondo multipolare dovrà assolvere un ruolo centrale. In questo senso, anche in nome della neutralità svizzera ribadiamo quindi la necessità d'allentare ogni forma di collaborazione militare con la NATO e l'UE, organismi le cui aspirazioni destabilizzatrici creano ormai il terreno fertile per la produzione e l’impiego di materiale bellico.

Considerato pure che vengono posti vincoli più virtuosi alle scelte d’investimento e che, in ogni caso, le possibilità per un’adeguata diversificazione rimangono date in ambiti più sostenibili, non cediamo al ricatto di quanti paventano una diminuzione delle rendite degli assicurati. Va rimarcato infatti che, se ciò dovesse malauguratamente accadere, sarebbe soltanto la conseguenza di una persistente offensiva lanciata dal padronato contro il nostro sistema di sicurezza sociale. Non ci sfugge inoltre come, ad essere maggiormente toccato dall’iniziativa, sia proprio quel secondo pilastro di stampo privatistico strutturalmente centrato sulla redditività degli investimenti. Non a caso, basti pensare che nel 2013 il capitale investito dal fondo di compensazione AVS ammontava a 43 miliardi di franchi, mentre quello dalla previdenza professionale all’esorbitante somma di 891 miliardi di franchi.

Non da ultimo, salutiamo favorevolmente che l’iniziativa muova seppure timidamente nella direzione di una rimessa in discussione dell’indipendenza della BNS, la quale - secondo il mainstream monetarista - deve limitarsi a garantire attualmente, senza interferenza alcuna, l’unico e limitante obiettivo della stabilità dei prezzi. Oltre a delimitare in modo meno controverso la sua politica d’investimenti, l’approvazione della proposta potrebbe costituire infatti anche un primo segnale concreto a favore di una banca centrale davvero al servizio del Paese, capace di meglio orientare come in questo caso le sue decisioni sulla base di più ambiziosi interessi pubblici.

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