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L'OSPITEI giovani vogliono lavorare, non l'assistenza sociale

29.07.20 - 10:33
Diego Baratti, Vicepresidente Giovani UDC, Studente di Economia
Diego Baratti
I giovani vogliono lavorare, non l'assistenza sociale
Diego Baratti, Vicepresidente Giovani UDC, Studente di Economia

A seguito dell’emergenza coronavirus, una triste realtà che tocca non solo il Ticino ma tutta la Svizzera è balzata all'onore della cronaca: la disoccupazione giovanile. I dati parlano chiaro: Il numero di giovani disoccupati ad aprile (tra 15-24 anni) è aumentato di ben 2’436 unità (vale a dire +20,1% rispetto il mese precedente) arrivando al totale di 14’556. Ciò che corrisponde a 2’983 persone in più (+25,8%) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Secondo i dati ILO, la disoccupazione giovanile effettiva in Svizzera tocca oggi il 10%.

L’economista Stefan Wolter, professore all’università di Berna, già il mese scorso sul Tages Anzeiger aveva anche lanciato un campanello di allarme in questo senso. Egli aveva affermato che «Studi mostrano che le persone che arrivano sul mercato del lavoro in periodo di crisi sono penalizzate per anni con salari inferiori o disoccupazione». La stessa Università di Berna stima che nei prossimi due anni potrebbero rimanere senza apprendistato fino a 6000 giovani. Un dato disarmante per un paese prospero e ricco come il nostro. Infatti i giovani vogliono lavorare, non l’assistenza sociale!

I Giovani UDC per far fronte a questa situazione hanno presentato due mozioni in questo senso al consiglio nazionale, chiedendo incentivi fiscali per le aziende virtuose che assumono giovani e apprendisti residenti in questo periodi di crisi e una semplificazione dell’apparato burocratico. Infatti troppi imprenditori hanno già rinunciato all’apprendistato perché in molti settori la burocrazia è dilagante e sottrae alle aziende a valore aggiunto innumerevoli ore di lavoro.

Un problema già noto prima del coronavirus
Ma il problema della disoccupazione giovanile persisteva già prima del coronavirus. Di storie negli ultimi anni ne abbiamo sentite tante: dal padre disposto a pagare per vedere la figlia lavorare, la diplomata che da 5 anni non trova lavoro, lo studente neolaureato al politecnico che dopo anni di intenso studio guadagna neanche 3000 CHF al mese, fino ai commercianti che pur di non assumere, facevano continuamente lavorare in prova gratuitamente degli speranzosi candidati, per poi a fine settimana dargli il ben servito senza nemmeno pagarli.

Alcuni riescono a sopravvivere facendo qualche lavoretto qua e là. Altri invece si reinventano e provano a lanciare la propria attività indipendente. Altri invece cercano fortuna oltre Gottardo. Ma non a tutti va così bene: tanti rimangono a casa, chiedendosi come mai la società non riesca ad inserirli nel mondo del lavoro, dando erroneamente la colpa a sé stessi. Spesso la disperazione e questo senso di inutilità portano alla depressione.

Ma come siamo giunti a tutto ciò? La causa principale è soltanto una: la libera circolazione delle persone. L’accesso a manodopera straniera a basso costo ha portato noi giovani con poca esperienza lavorativa a diventare superflui ed essere visti più come un costo invece che un investimento. Votare SI all’iniziativa per la limitazione il prossimo 27 settembre è quindi un atto di responsabilità verso noi giovani per difendere ciò che più dovremmo avere più a cuore, ossia il nostro futuro.

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