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L'OSPITEL’imprenditore a Falò e la Lugano del futuro

17.06.20 - 14:21
Marisa Mengotti e Nicola Schoenenberger – I Verdi di Lugano
tipress
L’imprenditore a Falò e la Lugano del futuro
Marisa Mengotti e Nicola Schoenenberger – I Verdi di Lugano

Giovedì 4 giugno Falò, trasmissione di punta di inchieste giornalistiche della RSI, ha dedicato gran parte della sua emissione alla “visione” che Stefano Artioli, imprenditore di Lugano, ha sulla città in cui è venuto a vivere.

Artioli ha avuto a disposizione tanti, troppi a nostro avviso, minuti televisivi per accusare di immobilismo e mancanza di visione autorità e cittadini di Lugano e poi per auto-celebrarsi come guida verso la città del futuro.

Meno di un anno fa proprio lui, Artioli, era stato smascherato dalla stessa Falò per essersi costruito abusivamente una spiaggetta privata a Caprino invadendo il demanio pubblico (smantellata appena messo in scacco dai giornalisti) e per aver ottenuto il cambio di destinazione dell’adiacente darsena senza passare dall’avallo cantonale. Lo stesso ha acquistato in sordina l’ex deposito ARL di Viganello, stabile da mettere sotto tutela secondo la STAN, per demolirlo in favore di un’ennesima palazzina. Sempre Artioli è colui che con le sue due fondazioni ha “comprato” il Natale e la movida estiva luganese senza preoccuparsi della sorte e dei progetti di tante associazioni culturali e artistiche più piccole e indipendenti che in questa circostanza non son state prese in considerazione né informate se non a giochi fatti. Lo stesso imprenditore che ha posto il domicilio fiscale della sua holding a Zugo ha dichiarato di essere filantropo, di volere il bene di Lugano e non avere nessun interesse personale. Sempre nel filmato proposto giovedì e pubblicizzato a sue spese sul giornale prima e dopo l’emissione, ha consigliato di edificare il futuro centro congressi a Manno, omettendo di dire che lui, a Manno, è proprietario di terreni e immobili.

Noi, Verdi di Lugano, crediamo che non debbano essere imprenditori dalla dubbia trasparenza e con evidenti tornaconti personali a indicare il futuro della città. Quanto Artioli ha illustrato in TV e dichiara nel suo libro non è nuovo, soprattutto a chi come noi ha a cuore Lugano da molti più anni dell’imprenditore a capo dell’impero immobiliare Artisa. Sull’immobilismo e la mancanza di visione e progettualità politica negli ultimi 30 anni siamo in tanti a esserci espressi. Di proposte serie per uscire dall’impasse speculativa e amministrativa ne abbiamo fatte innumerevoli. Da molti anni l’area rossoverde si batte per l’accesso alle rive lacuali, la pedonalizzazione del lungolago e del centro, la pianificazione di tutta la città attraverso un nuovo masterplan che consideri la mobilità lenta, lo sviluppo e la vivibilità dei quartieri, l’accesso per famiglie e giovani agli appartamenti del centro, parchi e zone verdi a contrastare cemento e calore estivo, economia di prossimità. La crisi che stiamo vivendo ci ha dimostrato quanto questi temi siano imprescindibili. L’abbiamo detto in passato, lo ripeteremo anche in futuro. La risposta all’immobilismo non può essere a nostro avviso demandata a un unico imprenditore, bensì a chi ragiona in modo sociale, equo e sostenibile per tutte le fasce della popolazione e senza conflitto di interessi evidente. Il privato ha il suo ruolo da giocare ma non può sostituire il pubblico e nemmeno farsi portavoce della collettività.

In merito a Falò, l’auspicio è che torni ad essere faro indipendente del giornalismo nella Svizzera italiana. Agli spazi promozionali per imprenditori e politici preferiamo di gran lunga le importanti inchieste che mettono in luce ciò che ha portato Lugano e in generale il Cantone Ticino alla situazione descritta giovedì in TV: speculazione, crescita disordinata, privatizzazione del bene pubblico, traffico, uffici vuoti, affitti inaccessibili, povertà. I servizi giornalistici di Falò sull’operato di Gucci in Ticino, sugli scandali della piazza finanziaria di Lugano, sulle spiagge abusive del Ceresio e sulle infiltrazioni della ’Ndrangheta negli appalti pubblici sono un ottimo esempio di come il “quarto potere” possa, se indipendente e coraggioso, svolgere il suo importante ruolo democratico per la società. 

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