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L'OSPITEIl profondo solco tra dignità e libertà d’espressione

25.01.20 - 09:49
Giulia Petralli, comitato Giovani verdi
Tipress (archivio)
Il profondo solco tra dignità e libertà d’espressione
Giulia Petralli, comitato Giovani verdi

“Per me è stato il dover imparare a camminare come un eterosessuale, perché mi dicevano che camminavo come un gay”. È una delle tante testimonianze che si possono ascoltare da chi l’omofobia l’ha effettivamente subita. Situazioni assurde, tutte diverse ma con un denominatore comune: lo sfregio alla dignità umana.

Ed è a proposito di tutela della dignità umana che saremo chiamati a votare il 9 febbraio. No, non si tratta di censura o di limitare la libertà d’espressione e nemmeno di una votazione inutile. Si tratta di estendere la portata del divieto di discriminazione previsto nel codice penale, anche a chi viene differenziato a causa del proprio orientamento sessuale; esattamente come già fanno, per esempio, Austria, Francia (che estende la difesa anche all'identità di genere), Paesi Bassi e Danimarca.

I dati federali relativi alle violenze sofferte da coppie omosessuali per ora non esistono (manca ancora una statistica apposita), ma non sono pochi i casi in cui una cosiddetta opinione (da leggersi nei termini dei referendisti) si è tradotta in vie di fatto; e anche quando sono rimaste “solo opinione in forma verbale” hanno provocato profonde ferite interne. Infatti, secondo Dialogai, un’associazione ginevrina che raccoglie dati sull’argomento, rispetto agli eterosessuali i tentati suicidi tra giovani gay, lesbiche e bisessuali sono da 2 a 5 volte più frequenti.

 La difesa della libertà d’espressione è sì un diritto da difendere, ma se si scontra con l’interesse di una comunità (o di una sua parte) a voler essere tutelata da discriminazione e odio, va da sé che in un gioco di proporzioni, il diritto alla propria dignità prevale. Perché, non prendiamoci in giro, appellarsi alla libertà d’espressione, in questo contesto, è una scappatoia per poter continuare a “professare” l’omofobia.

Nell’insieme, uno Stato che chiude gli occhi di fronte alla violenza e all’odio è uno stato che fallisce nel suo dovere di protezione, in quanto implica il rischio che le persone colpite non possano sviluppare senza ostacoli la propria identità; nel caso specifico si sta cercando di negare il diritto all’autodeterminazione sessuale a persone che semplicemente amano.

L’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia violano e ledono la dignità umana, il principio di eguaglianza e opprimono le libertà delle persone. Come il razzismo, queste fobie sono violenza, segregazione e discriminazione. Per questo vanno fermate e per questo abbiamo il dovere di dire sì il 9 febbraio.

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