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L'OSPITETicino a statuto speciale: una necessità

05.09.19 - 14:00
Franco Cavalli, candidato al Consiglio Nazionale, Lista 12 - Verdi e Sinistra Alternativa
Ticino a statuto speciale: una necessità
Franco Cavalli, candidato al Consiglio Nazionale, Lista 12 - Verdi e Sinistra Alternativa

Negli scorsi giorni l’alleanza Verdi e Sinistra alternativa ha depositato un’iniziativa parlamentare che chiede l’attribuzione di uno statuto speciale al canton Ticino. Lo scopo è quello di fornire al Cantone gli strumenti istituzionali necessari per far fronte al peggioramento delle condizioni di lavoro in una regione di frontiera come la nostra.

A chi si chiede se questa misura sia necessaria, rispondo che la situazione di degrado a cui è arrivato il nostro mercato del lavoro non lascia spazio a dubbi: sì, il nostro cantone ha bisogno di uno statuto speciale.

Nel 2015, un’iniziativa simile lanciata dai Verdi era stata respinta dalle camere federali. Secondo i relatori delle commissioni implicate, lo statuto speciale era una misura superflua: il quadro istituzionale esistente avrebbe dovuto essere sufficiente per risolvere i problemi del mercato del lavoro ticinese. Le camere si lasciarono convincere da questo argomento, ma fu un grave errore.

A confermarlo è il deterioramento evidente delle condizioni di lavoro nel nostro cantone. I dati statistici (fonti Ufs e Ustat) parlano chiaro: in Ticino i salari sono tuttora inferiori del 14,1% rispetto alla mediana nazionale, e la percentuale di impieghi a basso salario ha continuato ad aumentare, attestandosi a un allarmante 24,7%, il doppio rispetto alla media svizzera. Non per niente, gli ultimi dati mostrano che il tasso di rischio di povertà nel (...) (...) nostro cantone è arrivato al 31% (contro il 17,3% a livello nazionale): con il quadro istituzionale esistente, una persone su tre in Ticino è a rischio di povertà.

A questa situazione ha contribuito senz’altro anche l’introduzione della libera circolazione, che ha apportato una pressione considerevole sul nostro mercato del lavoro. Tuttavia, contrariamente a quanto vogliono farci credere le sirene “primanostriste” della destra nazionalpopulista, l’origine dei problemi del nostro mercato del lavoro non è da ricercare nell’introduzione della libera circolazione: quest’ultima ha piuttosto accelerato un processo di disgregazione cominciato con le politiche turboliberiste di Marina Masoni, poi continuate dai suoi epigoni. Non per niente, il 29% delle sanzioni per violazioni delle misure di accompagnamento emesse in tutta la Svizzera viene proprio dal nostro cantone.

Lo statuto speciale dovrebbe quindi fornire al Ticino gli strumenti istituzionali necessari per regolamentare il nostro selvaggio mercato del lavoro. Degli strumenti che forse sarebbero superflui in altri cantoni, ma che sono più che mai urgenti per un’economia confrontata alla pressione del bacino di lavoratori a basso costo della vicina Lombardia.

I partiti del governo cantonale e più in generale la nostra classe politica e i settori più irresponsabili del padronato hanno ampiamente dimostrato di non essere in grado di gestire questa crisi del mercato del lavoro. Anzi, peggio: hanno dimostrato di non averne la volontà, per esempio mettendo i bastoni tra le ruote al salario minimo dignitoso approvato dal popolo nell’ormai lontano 2015.

L’attribuzione di uno statuto speciale al nostro cantone permetterebbe di sopperire a questa mancanza – incoraggiando una maggiore regolamentazione del mercato del lavoro – e al contempo permetterebbe di lanciare un segnale forte al resto della Svizzera, ricordando che la libera circolazione non ha distribuito costi e benefici equamente tra i diversi cantoni.

Non resta che sperare che il Gran Consiglio si mostri più compatto di quando votò sulla prima iniziativa dei Verdi – allora Plr e Ppd vi si opposero, in un gesto premonitore dell’attuale inciucio cadregaro – e che le camere federali si mostrino meno sorde ai problemi del nostro cantone.

Anche per questo, il prossimo 20 ottobre sarà più che mai necessario portare a Berna una voce disposta a contrastare i problemi del mercato del lavoro ticinese. Ora si cambia!

 

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