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L'OSPITEL’agricoltura ticinese è da sostenere

20.06.19 - 12:35
Marco Chiesa, Consigliere nazionale UDC
tipress (archivio)
L’agricoltura ticinese è da sostenere
Marco Chiesa, Consigliere nazionale UDC

Il settore agricolo svizzero riveste un ruolo fondamentale per il nostro paese e l’UDC difende un’agricoltura produttiva che approvvigioni la popolazione con alimenti sani e prodotti convenienti. Le famiglie contadine devono avere un reddito ragionevole per le loro fondamentali prestazioni in favore della collettività e dunque occorre fare il possibile per rafforzare la sicurezza pianificatoria e l’innovazione di un’agricoltura imprenditoriale che deve necessariamente fare i conti con il mercato.

A tale scopo è necessario salvaguardare i terreni coltivabili e riportare la debordante ecologizzazione a un livello ragionevole, ciò che purtroppo non accade con le iniziative in oggetto. Iniziative che se dovessero venire accettate metterebbero la nostra agricoltura letteralmente in ginocchio. Esse infatti non prendono di mira soltanto la difesa fitosanitaria delle colture, ma anche il foraggiamento degli animali da reddito, la biodiversità, la ricerca agraria e l’utilizzo di antibiotici.

La situazione attuale è molto migliore rispetto a quella descritta dagli iniziativisti, che non danno alcun credito a quanto le famiglie contadine svizzere stanno già facendo in questi ambiti.

In effetti, la qualità dell’acqua potabile in Svizzera è eccellente di per sé e anche paragonata con il resto del mondo. Il suo consumo non comporta alcun rischio per la salute. Anche le derrate alimentari indigene sono sane e di elevata qualità. Il monitoraggio della Confederazione dimostra che i prodotti alimentari svizzeri non presentano residui di glifosato, grazie al divieto di applicazione diretto sulle colture. Per contro, residui di glifosato si trovano su cereali, leguminose e pasta alimentare di importazione, a volte persino in quantità considerevoli.

Infine le importazioni di foraggio sono aumentate negli ultimi anni, principalmente perché la coltivazione indigena di cereali da foraggio è diventata sempre meno attrattiva a causa del peggioramento dei prezzi alla produzione. L’autoapprovvigionamento in Svizzera è però ancora ad un alto livello: infatti ben l’85% del foraggio è di produzione nazionale.

L’agricoltura riconosce il bisogno di agire nei settori evidenziati dalle iniziative. Ma per ognuno di loro, esistono già dei piani concreti di miglioramento. Il Piano d’azione nazionale dei prodotti fitosanitari, la Strategia nazionale contro le resistenze agli antibiotici (StAR), la Strategia e il Piano d’azione Biodiversità, così come la Strategia per l’approvvigionamento sostenibile di foraggio svizzero, permettono già all’agricoltura di dare delle risposte concrete. Anche gli strumenti per la pianificazione della protezione delle acque sotterranee esistono già, spetta ai Cantoni metterli in atto.

Una rinuncia completa ai prodotti fitosanitari comporterebbe un ridimensionamento massiccio, che sia PER o BIO è indifferente, della nostra produzione vegetale. E con una produzione in netto calo, i prezzi dei generi alimentari svizzeri schizzerebbero alle stelle e le importazioni aumenterebbero. I prodotti importati proverrebbero, neanche a dirlo, da Paesi con condizioni di produzione che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle svizzere, soprattutto per quanto riguarda il benessere animale e il rispetto per l’ambiente.

Anche l’obbligo di utilizzare esclusivamente mangimi prodotti nella propria azienda limiterebbe in maniera estrema la produzione di uova, pollame e carne di maiale. Inoltre i sottoprodotti dell’industria agroalimentare, come ad esempio la crusca dei cereali derivati dalla macinazione, non potrebbero più essere usati per produrre mangimi, come succede oggi, ma finirebbero negli impianti di biogas o negli inceneritori. Un’assurdità ecologica.

A subire maggiormente gli effetti dell’iniziativa sarebbero le piccole aziende famigliari che praticano un’agricoltura estensiva. Esse ricavano gran parte delle proprie entrate dai pagamenti diretti e la loro esistenza ne è totalmente dipendente. Sarebbero le vittime predestinate delle richieste delle iniziative.

Questi scenari sono stati confermati anche da un recente studio di agroscope che ha stimato, in base a un modello, gli effetti economici dell’iniziativa sull’acqua potabile per l’agricoltura svizzera nel 2025 servendosi di 18 scenari distinti. Essi predicono che la produzione agricola e il grado di autoapprovvigionamento del nostro Paese diminuirebbero, obbligando ad aumentare le importazioni di derrate alimentari in Svizzera.

Il Consiglio federale, la conferenza dei direttori cantonali dell’agricoltura, diverse associazioni di categoria nazionali, oltre all’economia in generale, si oppongono fermamente alle iniziative e a un controprogetto, che causerebbero danni irreparabili e sono completamente inutili e non necessarie. Potrebbero addirittura ritardare la messa in atto delle misure dei piani nazionali e farebbero saltare il calendario della nuova politica agricola PA22+. Piuttosto vale la pena investire sulle misure già esistenti con determinazione, senza cercarne di nuove.

Per tutti questi motivi sostengo un convinto NO a entrambe le iniziative e al controprogetto, per salvaguardare un’agricoltura produttiva nel nostro Paese per garantire dei prodotti agroalimentari di qualità indiscussa per le famiglie contadine e per tutti i nostri concittadini.

 

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