Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale per la Lega dei Ticinesi
Il prossimo 19 maggio, oltre che sul Diktat disarmista dell’UE (tutti a votare NO!) i cittadini elvetici dovranno esprimersi anche sul progetto AVS-Riforma fiscale (RFFA).
Questo pacchetto nasce da due necessità: quella di dare una risposta all’abolizione degli statuti fiscali speciali per le aziende che realizzano la maggior parte degli utili all’estero, e quella di garantire un finanziamento aggiuntivo all’AVS.
Per quel che riguarda la parte fiscale. Come noto gli statuti fiscali speciali attualmente in vigore in Svizzera non sono più accettati a livello internazionale. Mantenerli comunque in vigore non servirebbe, in quanto le aziende beneficiarie subirebbero poi pesanti doppie imposizioni all’estero. E, in ogni caso, per le attuali maggioranze politiche, la capitolazione davanti ad ogni pretesa internazionale è una costante.
Gli statuti fiscali speciali verranno quindi aboliti. Di conseguenza, se non si fa nulla, le imprese che attualmente ne beneficiano sottostaranno all’imposizione ordinaria. Il che comporterebbe un importante aggravio fiscale. Di conseguenza, queste aziende lascerebbero la Svizzera. Pensare che resterebbero comunque è pia illusione. Perché dovrebbero? I tanto decantanti “atout” della piazza Svizzera sono sempre più appannati: la partitocrazia PLR-PPD-PSS li svende ogni giorno, sottomettendoci sempre più ai Dikat ed ai malandazzi dell’UE.
Ad andarsene non sarebbero “due gatti”. Le società a statuto speciale sono circa 24mila, che versano in totale circa 7 miliardi all’anno di imposte. Queste 24mila aziende occupano direttamente circa 150mila persone. E, soprattutto, generano indirettamente circa 1.6 milioni di impieghi: varie piccole e medie imprese (PMI) svizzere collaborano infatti con tali società.
Ci sono dunque due possibilità. O stare a guardare, mandando così a ramengo la nostra attrattività fiscale con conseguente perdita di miliardi di introiti fiscali e di svariate centinaia di migliaia di posti di lavoro. Oppure fare il possibile per mantenere l’attrattività fiscale della Svizzera, servendosi di strumenti internazionalmente accettati: sui quali, quindi, nessuno avrebbe nulla da dire. Questa seconda opzione è quella proposta dalla RFFA. I Cantoni verrebbero forniti dei mezzi per rimanere fiscalmente interessanti, quali i “patent box”, le deduzioni per la ricerca e lo sviluppo e la deduzione per gli autofinanziamenti. In più la Confederazione metterebbe a disposizione un miliardo per gestire la fase di transizione. Diversamente dalla precedente Riforma III, la RFFA contempla anche una compensazione per i Comuni.
Per l’AVS, la riforma prevede un contributo aggiuntivo di 2 miliardi all’anno: 800 milioni finanziati dalla Confederazione, 600 dalle imprese e 600 dai lavoratori. Senza questo contributo aggiuntivo, la Confederazione aumenterebbe l’IVA dell’1.5%, ciò che sarebbe nettamente più svantaggioso per le economie domestiche.
E’ chiaro che quanto previsto dalla riforma in votazione il 19 maggio è il massimo pensabile di risanamento dell’AVS sulle spalle (anche) dei cittadini. Prima di qualsiasi altra misura che vada a pesare sugli svizzeri bisognerà operare un taglio massiccio agli aiuti all’estero ed ai costi dell’asilo.
Sulla RFFA un paio di considerazioni conclusive.