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L'OSPITEPolitichese e realismo: un PLR un po’ diverso

19.12.18 - 14:00
Alessandro Speziali, candidato PLR al Consiglio di Stato
Tipress
Politichese e realismo: un PLR un po’ diverso
Alessandro Speziali, candidato PLR al Consiglio di Stato

Per fortuna, tra i ranghi del PLR sembra essere tornato in voga il realismo, con tutti i suoi spigoli. È una fortuna, lo scrivo due volte, perché a furia di smussare le nostre posizioni eravamo finiti pericolosamente ai margini del dibattito sul futuro del Paese. Ammettere le ombre che coesistono accanto alle luci di questo Ticino è il primo passo per seppellire il politichese che ha allontanato le istituzioni dalla popolazione.

Nel mio vocabolario la parola «economia» non è sinonimo di «avidità + reati finanziari»; allo stesso modo, però, di non mi identifico nemmeno nell’ottimismo cronico che esclude dal campo visivo ogni anomalia statistica, liquidandola come «percezione disfattista». Dovremmo invece ascoltare con più attenzione chi è invischiato nella corsa al ribasso, nell’europeizzazione delle regole e delle abitudini, dei prezzi, dei salari e della qualità. Sono centinaia di artigiani, liberi professionisti e lavoratori – tutti contribuenti di questo Cantone – alle prese con una concorrenza che, più scendiamo a sud del Ceneri, più somiglia a una rissa da saloon.

Un PLR davvero interclassista, come pretende la nostra Storia, non può fare a meno del realismo spietato che non declassa le inquietudini a semplici allucinazioni. Chi sventola le scintillanti statistiche SECO sull’occupazione, per rispondere ai timori reali di migliaia di concittadini, non restituisce l’intera verità del nostro mercato del lavoro. Allo stesso modo, quelli che si (e ci) fustigano perché «la nostra percentuale di apprendisti è inferiore rispetto agli altri Cantoni svizzeri», dovrebbero però vivere a 5 chilometri dalla Lombardia e ospitare in casa un 15enne che impara un mestiere dove i contratti collettivi sono dribblati da padroncini (e non) con una fantasia che nemmeno Neymar. Forse si accorgerebbero che il problema non è solo culturale e formativo.

Nella mia campagna per il Consiglio di Stato, comunque, non passerò il tempo a seminare disfattismo a buon mercato – anche perché avrei una concorrenza esperta e numerosissima. Le nuvole della precarizzazione lasciano intravedere il cielo sopra la nostra economia, e anche il sorgere di nuove professioni redditizie. Il sereno non troverà però spazio senza sforzi da parte nostra: dovremo lavorare, parecchio, e combattere affinché tutti rispettino le medesime regole.

Un ulteriore passo decisivo consisterà nel riportare le idee giuste nel luogo dove le nuove generazioni stanno crescendo: le aule delle nostre scuole. Una vera riforma dell’educazione dovrà coinvolgere da subito, e per davvero, le migliori donne e i migliori uomini che vivono e hanno vissuto l’insegnamento in Ticino, e anche avere il coraggio di accettare le buone idee altrui. Il nuovo orizzonte dev’essere il XXI secolo: le rivolte del ’68 hanno sì abbattuto la scuola del nozionismo, ma ci hanno condotto nelle sabbie mobili del pedagogismo più spinto. Occorrerà infine la risolutezza di spendere abbastanza per un’istruzione che sia di serie A ovunque, indipendentemente dal Comune o dal quartiere nel quale sorge. Ogni cittadino di questo Cantone deve mandare i suoi figli in classe con fiducia e orgoglio, senza il dubbio che – investendo qualche franco in più – potrebbe regalargli un futuro diverso.

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