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OSPITELe evidenze che nessuno vuole vedere

01.06.17 - 18:00
Matteo Pronzini, granconsigliere MPS
TiPress
Le evidenze che nessuno vuole vedere
Matteo Pronzini, granconsigliere MPS

Ci sono sicuramente “evidenze demografiche e socioeconomiche” nelle cifre tratte dall’ultima pubblicazione dell'Accademia di architettura dell'USI, peccato solo che nessuno voglia vederle.

La prima cosa che salta all’occhio è l’impressionante tasso di crescita del numero di aziende: ben il 15,9%, oltre il doppio rispetto a Zurigo, centro economico del paese, e oltre il triplo rispetto a Ginevra. Queste cifre non sono una novità, confermano quello che tutti gli altri dati sottolineano: il Ticino è sempre ai primi posti per quanto riguarda il numero di nuove aziende e il tasso di crescita è sopra la media nazionale, quindi è evidente che siamo fin troppo competitivi. Perché allora il governo e la maggioranza dei partiti insistono nel dire che dobbiamo assolutamente abbassare le imposte alle imprese per essere attirare nuove aziende?

Anche l’aumento dei posti di lavoro è oltre il doppio rispetto alle altre due regioni svizzere prese in considerazione eppure i disoccupati ILO e i sottoccupati in Ticino sono aumentati e il numero di persone in assistenza raddoppiato dal 2011. Quanto all’influsso che la crescita della aziende e degli impieghi ha avuto sul benessere della popolazione, basterebbe ricordare l’ultimo dato ufficiale reso noto: il tasso di povertà in Ticino dal 2011 è salito di circa 6 punti percentuali e ormai siamo al 17,3% contro il 7% in media nazionale. Quasi un terzo della popolazione in Ticino è a rischio di povertà e basta anche solo una minima riduzione del tempo di lavoro perché intere famiglie si ritrovino con l’acqua alla gola.

Le disparità sociali aumentano, buona parte della popolazione ha sempre più difficoltà ad arrivare a fine mese e molti giovani sono costretti ad andarsene per trovare un lavoro decente e riuscire a vivere del loro stipendio; è davvero difficile non vedere il nesso con il precariato e i salari che si allontanano sempre più dagli standard svizzeri, eppure si continuano ad adottare contratti normali e collettivi di lavoro con retribuzioni ridicole che sembrano fatte apposta per promuovere la sostituzione della manodopera residente con lavoratori d’oltrefrontiera pagati meno.

È vero che fra la fine del 2014 e la fine del 2016 il numero di frontalieri è aumentato solo di 1'250, ma dei 19 contratti normali di lavoro decretati in Ticino, ben 5 sono stati introdotti nel 2015 e 2016 in settori dove sono stati riscontrati casi gravi e ripetuti di dumping e altri tre saranno adottati quest’anno. Il ricorso agli interinali intanto continua ad aumentare. Molti datori di lavoro quindi riducono il personale, favoriscono il precariato e praticano il dumping indipendentemente dal fatto che assumano frontalieri o residenti.

Per combattere questo degrado ci vogliono salari dignitosi, controlli a tappeto e sanzioni severe per chi sgarra, non slogan e regali fiscali ai soliti noti.

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