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L'OSPITECannabis: sotto l’albero una mozione e un’iniziativa popolare

22.12.16 - 07:26
Comitato interpartitico per la regolamentazione della cannabis (CIRCA), Sinue Bernasconi
Cannabis: sotto l’albero una mozione e un’iniziativa popolare
Comitato interpartitico per la regolamentazione della cannabis (CIRCA), Sinue Bernasconi

Il giorno di Natale scadranno i 60 giorni a disposizione del Consiglio di Stato per rispondere all’interrogazione sul tema cannabis sottoscritta da ben 34 Granconsiglieri rappresentanti tutte le forze politiche. Un consenso trasversale che mai s’era visto prima in Svizzera e che parrebbe portare il Ticino a scrollarsi di dosso idealismi e preconcetti, preferendo loro un approccio pragmatico e scientifico. Il Comitato interpartitico per la regolamentazione della cannabis (CIRCA) ne è convinto: la brezza di cambiamento proveniente d’oltreatlantico, che ha recentemente solleticato anche l’ONU, non tarderà a spirare anche sul nostro territorio. È solo questione di tempo. E se sotto l’albero natalizio Fabio Käppeli e il CIRCA non troveranno l’attesa missiva il Gran Consiglio sarà presto chiamato a esprimersi sulla regolamentazione.

È infatti pronta una mozione richiedente l’istituzione di una commissione ad hoc, costituita da rappresentati dei quattro pilastri equamente rappresentati, incaricata di allestire un progetto pilota (della durata di 3-5 anni) tenendo conto delle specificità e delle criticità del Canton Ticino. Un progetto pilota che nulla avrebbe a che vedere col caotico “periodo dei canapai”, figlio di una falla legislativa, che trascinò il nostro Cantone in una pericolosa situazione di anarchia e permessivismo, ai limiti della tacita collusione. Al contrario, la regolamentazione farebbe chiarezza: tramite un sistema di licenze si definirebbe in modo semplice e trasparente chi, in quali circostanze e in che misura, avrebbe la possibilità di coltivare, vendere e far uso di canapa. Brevemente, i consumatori dovrebbero essere maggiorenni e residenti in Canton Ticino, ciò che eviterebbe il fenomeno del turismo della canapa (come invece avviene in Olanda e negli USA). La produzione potrebbe essere affidata, ad esempio, ai contadini di montagna; la vendita
avverrebbe invece nei Cannabis social club (CSC), dei negozi dall’aspetto neutro e situati lontani da luoghi sensibili (come scuole, chiese, etc.) che dovranno occuparsi di registrare i propri clienti e verificare che tutti i requisiti siano adempiuti prima di procedere alla vendita. Essendo i CSC organismi no profit, parte della cifra d’affari sarebbe destinata al miglioramento di prevenzione, repressione e a progetti di utilità pubblica e sociale (ad es. reinserimento disoccupati, aiuto anziani, sostegno a progetti imprenditoriali innovativi e lungimiranti). I luoghi di coltivazione, lavorazione e commercio sarebbero conosciuti dalle autorità (di pubblica sicurezza, sanitarie, etc.), che avranno facoltà di effettuare controlli a sorpresa in qualsiasi momento.

Il CIRCA ritiene che siano gli esperti di sostanze psicoattive e i professionisti che quotidianamente sono a contatto con la problematica cannabis a dover dire se la proibizione vigente è davvero la miglior soluzione. Sbattere la porta in faccia alla  regolamentazione sulla base di pregiudizi e moralismi sarebbe un grave errore, poiché la politica deve essere messa nelle condizioni di poter legiferare con cognizione di causa, fondando il proprio giudizio su quanto dicono scienza e evidenze provenienti dal terreno. Ci vuole un approccio pragmatico, che permetta di trovare la migliore soluzione per i
consumatori e per la società nel suo complesso. Una musica invero non nuova, visto che la Svizzera pareva destinata a percorrere la via della regolamentazione già agli inizi del terzo millennio: è dal 2005 che l’Accademia delle dipendenze, un panel composto da un centinaio tra i massimi esperti di sostanze psicoattive provenienti da tutto il Paese, suggerisce di seguire “la via di mezzo” (tra liberalizzazione e proibizione). Dello stesso avviso è la Commissione federale per le questioni relative alla droga (CFQD), che dagli inizi del 2000 pubblica sistematicamente comunicati stampa e voluminosi rapporti che
evidenziano la necessità di un cambio di paradigma. La CFQD ha inoltre più volte sottolineato che il proibizionismo ostacola il lavoro di prevenzione. Ciliegina sulla torta, anche il Consiglio federale, in un messaggio risalente al 2001, proponeva al Parlamento di disciplinare la coltivazione, la fabbricazione e il commercio di canapa e di depenalizzarne il consumo.

Sono passati tre lustri ma, sul piano federale, si è ancora ai blocchi di partenza. Comuni e Cantoni si sono però stufati di aspettare, come dimostrano i progetti che saranno verosimilmente avviati a breve a Berna, Ginevra, Basilea, Zurigo e Losanna – per citarne alcuni. Sì perché la legge sugli stupefacenti (LStup), pur essendo una legge federale, lascia a Comuni e Cantoni un certo margine di manovra per l’attuazione di provvedimenti innovativi e in grado di contrastare le numerose problematiche che il proibizionismo porta seco, una su tutte l’ingabbiamento dei giovani in tragiche spirali di criminalità e politossicomania. È proprio per via del fatto che chi consuma canapa è spinto a stabilire una relazione col mondo dello spaccio che diversi giovani cadono nella trappola delle droghe pesanti, ben più redditizie per chi ne detiene il mercato. Ma c’è una via di uscita. L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) dispone infatti della facoltà di rilasciare delle deroghe alla LStup, ad esempio per favorire la lotta alle sostanze stupefacenti o la ricerca scientifica. Ed è in questo senso che va intenso un progetto di regolamentazione: da un lato si vuole fornire all’apparato repressivo-giudiziario un quadro legale che non vanifichi i suoi ingenti sforzi, mettendo alle strette il crimine organizzato con azioni più mirate e privandolo degli introiti derivanti dalla canapa (quasi 1 miliardo di franchi in Svizzera); dall’altro s’intende monitorare in modo scientifico l’impatto della regolamentazione sulla salute pubblica (e relativi costi), sulla vivibilità di quartieri e luoghi pubblici sensibili, nonché sul mondo dello spaccio e sul comportamento dei consumatori.

La regolamentazione mira, in definitiva, a raggiungere un quadruplice scopo:  

Tutelare maggiormente i minorenni (ad es. miglioramento prevenzione, target primario di forze dell’ordine e giustizia)

Facilitare, valorizzare e ottimizzare l’operato di giustizia e forze dell’ordine (ad es. luoghi di produzione e vendita conosciuti dalle autorità, più risorse per combattere le droghe pesanti, protezione mirata dei minorenni)

Infierire un duro colpo al crimine organizzato (ad es. spostamento dei lauti proventi della canapa nei conti dello Stato e di cittadini laboriosi e integrati)

Creare posti di lavoro e entrate per lo Stato (nel solo Canton Ticino le stime parlano di un potenziale di 318 posti di lavoro diretti e 1’275 indiretti; 7-9 milioni di franchi per le assicurazioni sociali e 15-21 milioni per l’erario)


Il CIRCA valuterà poi nei prossimi giorni eventuali sinergie a livello federale. È stata infatti recentemente annunciata la volontà di lanciare un’iniziativa, ancora in fase preparatoria, per regolamentare la canapa (“Legalize it!”). L’idea del CIRCA è di proporre al Comitato nazionale che promuove la suddetta iniziativa di modificare le proprie rivendicazioni accontentandosi di una regolamentazione light, ossia a tempo determinato (3-5 anni). Al termine del progetto si potranno tirare le somme e decidere, a ragion veduta, quale sia la legislazione più opportuna in materia di canapa e derivati.


Per il CIRCA, Sinue Bernasconi

 

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