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OSPITE«La tassa di collegamento ricadrà sui ticinesi»

24.05.16 - 18:00
Jessica Bottinelli
«La tassa di collegamento ricadrà sui ticinesi»
Jessica Bottinelli

La tassa di collegamento ricadrà sui ticinesi. Da settimane ormai i contrari ci bombardano con questo slogan, assolutamente infondato. La tassa di collegamento colpisce 194 grandi generatori di traffico su un totale di oltre 34'400 aziende. I grandi generatori di traffico sono aziende o centri commerciali con oltre 50 posteggi. Perché la tassa colpisce loro? Perché appunto generano traffico, inquinamento, rumore, disagi per la popolazione e rischi per la sicurezza stradale visto che decine di vetture convogliano tutte nello stesso punto. Senza contare poi che le aziende con oltre 50 posteggi si trovano generalmente nelle zone industriali oppure vicine ai principali svincoli stradali come i centri commerciali. Chi vive nel Sottoceneri sa bene di cosa si parla: basta vedere al mattino quante auto convergono verso le zone industriali di Stabio o Mendrisio o le colonne costanti allo svincolo stradale di Lugano sud e sulla strada che porta ai grandi generatori di traffico di Grancia. Ma il Sopraceneri ormai non è da meno.

Prendiamo la zona industriale di Stabio ad esempio: oltre 92 ettari di capannoni e fabbriche dove i terreni adibiti a posteggi e piazze di giro sono più che raddoppiati in cinque anni. A Stabio ci sono più lavoratori frontalieri che abitanti, ma ormai in tutto il Mendrisiotto la manodopera d'oltrefrontiera occupa oltre e la metà dei posti di lavoro. Normale: visti i salari che girano in certi settori industriali i residenti risultano totalmente esclusi. Lo ha detto a chiare lettere sul Corriere del Ticino il titolare e presidente del CdA della Rex di Mendrisio (membro di AITI) in Ticino le aziende hanno resistito meglio al franco forte grazie personale a basso costo proveniente dall'Italia.

L'Associazione Industrie ticinesi (AITI), si è lanciata anima e corpo nella campagna contro la tassa di collegamento sostenendo che ricadrà sui lavoratori, ma guarda caso l'industria manifatturiera - che rappresentano - è la sezione economica che conta il maggior numero di imprese con oltre 50 dipendenti, quindi la maggior parte dei grandi generatori di traffico. Se davvero AITI è così preoccupata per il portafogli dei lavoratori, come mai ha fatto ricorso fino al Tribunale federale federale contro salari minimi da 3'000 franchi lordi dei Contratti normali di lavoro? Ora i contrari alla tassa di collegamento vogliono far credere che imponendo a queste aziende di coprire parte dei costi che generano sarebbero penalizzati i ticinesi? Quali ticinesi?

Forse, come detto più volte dal presidente della Camera di commercio ticinese (CC_Ti) si riferiscono alle imprese. "Fra quelle 194 aziende sottoposte alla tassa non ci sono frontalieri, sono tutte aziende ticinesi", ha più volte tuonato Martinetti. Verissimo, sono su suolo ticinese, quindi anche se impiegassero il 100% di personale lombardo al 100% di salari lombardi sono considerate ticinesi. E proprio per questo i costi che creano adesso sono scaricati sui tutti i ticinesi e solo sui ticinesi. Perché le aziende non creano solo il tanto decantato indotto, creano anche costi che vengono scaricati sulla collettività per le infrastrutture, la manutenzione stradale, l’inquinamento, il rumore, ecc. In base a uno studio pubblicato nel 2001, i ticinesi pagano 1850 franchi a testa per i costi esterni al traffico (quelli che non sono coperti dagli utenti della strada ma a carico della collettità), il 25% in più rispetto alla media nazionale. Dal allora i costi esterni al traffico in Svizzera sono più che raddoppiati, fate voi il calcolo.

La tassa di collegamento è stata definita dai contrari una tassa iniqua, ma cosa c’è di più iniquo di incamerare profitti, grazie anche a personale d’oltrefrontiera a basso costo, e poi scaricare le spese sui ticinesi, su cui si abbatterà già una manovra da 185 milioni?

Quanto ai centri commerciali, la tassa è di 1,50 franchi al giorno, significa 15-20 centesimi l’ora. Chi può davvero credere che perderanno clienti per 20 centesimi sulla spesa di una famiglia? Se qualcuno veramente guarda ai 20 centesimi se ne va diretto in Italia dove i prezzi risultano del 30% e più inferiori a quelli praticati dai supermercati ticinesi. Se poi pensiamo che i contrari alla tassa argomentano elencando le spese per l’installazione delle barriere, beh ecco siamo decisamente alla frutta.

Strano poi che proprio la grande distribuzione e le associazioni economiche quando si tratta di turismo della spesa lanciano appelli ai consumatori locali invocando la “responsabilità” verso il territorio e l’economia cantonale, poi quando sta a loro a dimostrare la stessa reponsabilità contribuendo a coprire parte dei costi che scaricano sui ticinesi alzano le barricate.

Siamo alle solite: i profitti privati e i costi colettivizzati. Prima di tagliare prestazioni e servizi ai cittadini, una “sana revisione dei compiti delle stato” dovrebbe iniziare con l’evitare che siano i cittadini a pagare interamente i costi causati da questo sviluppo economico distorto.

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