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L'OSPITEProibizionismo e droghe: la Storia si ripete…

11.11.15 - 07:09
Sinue Bernasconi, Membro GLRT e CIRCA
Proibizionismo e droghe: la Storia si ripete…
Sinue Bernasconi, Membro GLRT e CIRCA

Diverse opere recenti hanno descritto minuziosamente la genesi del Proibizionismo sull’alcool negli USA e il suo impatto su svariati ambiti della società civile (e.g., Harter, 2010; Johnson, 2011; Jurkievicz & Painter, 2008; Kyvig, 2000; Lawson, 2013; Lerner, 2009). Non ripercorrerò – quantunque siano di particolare interesse – gli avvenimenti sociali, storici e politici che condussero l’Anti-Saloon League e le altre “società di temperanza” ad acquisire sempre più influenza per ragioni di spazio. Buona lettura!

Il 16 gennaio 1919 il Congresso ratificò il XVIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che dichiarava illegali produzione, vendita e trasporto di bevande alcooliche. La legge sarebbe entrata in vigore un anno dopo, il 17 gennaio 1920. Il XVIII emendamento fu poi rinforzato (e meglio definito, ad es. spiegando la controversa espressione di intoxicating liquors) dal National Prohibition Act (o Volstead Act), entrato in vigore il 1 febbraio 1920.

I giorni precedenti all’entrata in vigore delle leggi proibizioniste, decine di migliaia di americani saccheggiarono i negozi, acquistando le ultime bevande alcooliche legali di lì a 13 anni. Nei tre mesi precedenti all’entrata in vigore del Proibizionismo 500’000 dollari di whiskey pregiato sparirono dai magazzini del governo. Nella notte del 16 gennaio del ’20, una banda di 6 uomini armati rapinò un treno a Chicago, sottraendo l’equivalente di 100’000 dollari di whiskey “medicinale”. Una cassa di whiskey comprata a Montreal per 10 $ poteva tranquillamente essere venduta per 80 a New York (Abadinsky, 2012). Non iniziava bene. Non come previsto da Billy Sunday, famoso evangelista dell’epoca e paladino del Proibizionismo, che il giorno stesso dell’entrata in vigore della legge proclamò davanti a 10’000 persone e in diretta radio:

“The reign of tears is over. The slums will soon be a memory. We will turn our prisons into factories and our jails into storehouses and corncribs. Men will walk upright now, women will smile and the children will laugh. Hell will be forever for rent”
(Kohler, 1973, p. 12)

Il Proibizionismo veniva propinato come la panacea per ogni problema sociale e economico che affliggeva gli Stati Uniti (Levine, 1985). Fu così che, involontariamente, il moralismo e il fondamentalismo delle “società di temperanza” (perlopiù ambienti religiosi e conservatori), spalancarono le porte alla carriera criminale di centinaia di malviventi che lucravano col contrabbando e il monopolio del mercato nero; Nucky Johnson e Al Capone, giusto per citare due celebri nomi (Johnson, 2011). In breve tempo, le fortune dei più grandi criminali assunsero delle dimensioni spropositate. Al Capone, all’apice del suo successo, arrivò a guadagnare in un solo anno 105 milioni di dollari (dell’epoca, quando – a titolo di paragone – un agente del Bureau of Prohibition guadagnava 2’000 dollari all’anno!). L’impero di Scarface Al (altro soprannome affibbiato ad Alphonse Gabriel Capone, a causa dello sfregio inflittogli sulla guancia da un mafioso locale) era colossale e – peggio – derivava in gran parte dalla produzione e dalla vendita illegale di alcoolici (Harter, 2010).

Eppure gl’intenti della nuova legge – che proibiva la produzione, la vendita e il trasporto di bevande alcooliche – erano assolutamente nobili: ridurre l’alcoolismo, aumentare la produttività dei lavoratori, diminuire gli stupri e la criminalità in generale. Obiettivi raggiunti? Neanche per sogno: durante gl’infelici anni sotto il Proibizionismo si continuò a produrre, vendere e consumare bevande alcooliche. Come prima dell’entrata in vigore del National Prohibition Act, verrebbe da dire. Non proprio, perché durante quei 14 anni la gente consumò alcool di scarsissima qualità (si parla di 1’000 morti ogni anno causate da alcoolici contaminati), per bersi una birra si era obbligati a sentirsi un criminale e il commercio illegale permetteva alle organizzazioni mafiose di creare solide radici (con tutte le conseguenze nefaste che ciò comporta in termini di violenza, corruzione e danni economici allo Stato).

Un recente libro di Jurkievicz & Painter (2008) quantifica in modo agghiacciante quali furono i principali effetti del Proibizionismo a livello sociale, economico e legale. Il sistema giudiziario fu sollecitato pesantemente già nei primi sei mesi dall’entrata in vigore della legge: le Federal Courts si ritrovarono oberate da migliaia di processi pendenti riguardo a violazioni del Volstead Act; 600 nella sola Chicago. Anche per le forze dell’ordine furono tempi duri: durante i primi 3 anni, 30 prohibition agents furono uccisi. La criminalità aumentò in modo esponenziale: dai circa 34’000 arresti del ’21 si passò ad oltre 75’000 nel ’28. Il numero degli omicidi raddoppiò. Entro il ’32, il numero dei prigionieri nelle carceri federali aumentò del 561% (Wooddy, 1934, p. 95). Nel 1930, due terzi della popolazione carceraria scontava pena a causa di reati legati alla droga o all’alcool (ibid., p. 94). Le carceri, come potete ben immaginare, straripavano, e con esse i costi legati alla detenzione (ibid., p. 75).

Fine prima parte.

 

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