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L'OSPITEVia Nassa, lo scandalo dei frontalieri sottopagati

23.11.14 - 21:33
di Raoul Ghisletta
Via Nassa, lo scandalo dei frontalieri sottopagati
di Raoul Ghisletta

Il PS Lugano ha messo in luce lo scandalo dei frontalieri sottopagati di Via Nassa. Numerose sono state le testimonianze dei persone che ci hanno raccontato di bassi salari nella vendita, contratti di lavoro fittizi (paghe al 50% per impieghi al 100%), difficoltà per i residenti qualificati e gli apprendisti di vendita a trovare impiego a Lugano e in altre zone del Ticino. È una sorpresa? Non proprio, ma sentirsi dettagliare le situazioni concrete dalle persone incontrate sabato scorso in Via Nassa è sempre illuminante. Anche le ammissioni, rispettivamente i silenzi, dei responsabili padronali del commercio luganese sono interessanti. Ci si aspetterebbe perlomeno che l’Associazione Via Nassa o l’Associazione dei Commercianti di Lugano facessero pulizia nei loro ranghi, mettendo alla berlina chi sgarra e permettendo ai consumatori di evitare di spendere soldi presso datori di lavoro socialmente irresponsabili. Sarebbe un’azione molto migliore che sparare continuamente sugli Italiani e sui frontalieri come fa il Mattino della domenica, il quale con il suo fanatismo inibisce peraltro parte della clientela italiana dal venire a spendere a Lugano.

C’è qualche dormiglione che si è stupito della nostra azione di volantinaggio in Via Nassa. Da un decennio la sinistra e i sindacati sostengono che il fenomeno della libera circolazione deve essere accompagnato con misure come i contratti collettivi di lavoro e i salari minimi. È il solo metodo per fare in modo che non crescano i datori di lavoro, indigeni e forestieri, che pensano di  approfittarsi dei lavoratori in Ticino, in particolare di quelli più deboli come frontalieri e stranieri, perché hanno paura di parlare e di perdere il lavoro. Come avviene proprio in Via Nassa, con paghe da 2mila franchi al mese a tempo pieno e qualcuno ci ha detto anche meno. Il dumping salariale e lo sfruttamento devono essere combattuti con norme legali serie e con controlli dell’ispettorato cantonale del lavoro.

È chiaro in ogni caso che se non esistesse la possibilità di sfruttare i lavoratori frontalieri, i posti di lavoro per i residenti sarebbero maggiori. Ed è chiaro che spetta alla responsabilità sociale e all’intelligenza dei datori di lavoro indigeni essere attenti ai bisogni di lavoro dei residenti: essendo impiegati essi alimentano il circuito economico locale e non pesano sullo Stato. Lasciare crescere la disoccupazione indigena, che tra disoccupati annunciati e non annunciati arriva sicuramente a 5'000 persone nel distretto di Lugano, è un suicidio economico e politico. L’evoluzione del frontalierato a Lugano è preoccupante, considerato che la Città offre molti impieghi qualificati e che il settore secondario rappresenti poco più del 10% dei 53'300 posti di lavoro (2012),  mentre il settore

primario è praticamente inesistente. La quota dei frontalieri del 22% a Lugano è inferiore a quella cantonale (26%), ma la crescita si fa tuttavia vieppiù marcata negli ultimi anni. Nel giugno 2004 c’erano 6'370 frontalieri e nel giugno 2014 sono diventati 12'766: sono raddoppiati! Questi dati sono un forte indice di come molti datori di lavoro luganesi sfruttino sempre più i frontalieri per

abbassare gli stipendi sul mercato del lavoro in Ticino e non solamente per trovare lavoratori con competenze professionali  inesistenti o nettamente superiori rispetto a quelle che si trovano in Ticino.

Raoul Ghisletta, presidente PS Lugano

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