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LUGANO

«Prima di morire? Se non San Siro, almeno piazza Riforma»

Dai palchi europei alla denuncia dei paradossi quotidiani: con 'Prima di morire', Marco Simoncelli firma il suo album più personale.
«Prima di morire? Se non San Siro, almeno piazza Riforma»
Music Connection
«Prima di morire? Se non San Siro, almeno piazza Riforma»
Dai palchi europei alla denuncia dei paradossi quotidiani: con 'Prima di morire', Marco Simoncelli firma il suo album più personale.

LUGANO - Chissà quante volte ognuno di noi ha pronunciato la frase “prima di morire devo fare quella determinata cosa”. Lo ha fatto anche Marco Simoncelli, e il risultato è un disco intitolato appunto “Prima di morire”. Cantante nato a Legnano, ma con un trascorso molto svizzero e ticinese: è stato membro della band svizzera 'Marco Marchi & the mojo workers', ha tenuto una media di 60 concerti all'anno in tutta Europa e ha partecipato a JazzAscona, Blues to Bop di Lugano e al Moon &Stars festival.

«È tutta la vita che ce l’ho su col morire – ci racconta Simoncelli - ‘Prima di Morire’, nel mio caso è legato a una chiacchierata con amici musicisti ai quali dicevo: ho suonato blues, pop, jazz, ho cantato in inglese… accidenti prima di morire voglio fare un disco di cantautorato impegnato dicendo tutto quello che penso sulle cose del mondo. L’ho detto, l’ho fatto. A questo punto, disco alla mano, mi auguro che il titolo sia evocativo per i miei ascoltatori a cui auguro che prima di morire, fisicamente, realizzino tutti i loro desideri oppure trovino la forza di combattere questa desertificazione dei valori umani e del senso critico, sempre più minati dalla frenesia dei social e dal torpore della tv on demand».

Apprezzato armonicista, e perfettamente a suo agio tra blues e jazz, Simoncelli ha sfoderato nove brani che parlano della vita senza sconti, tra ironia, malinconia e amare verità. Pubblicato da Auditoria Records e prodotto da Antonio “Aki” Chindamo, “Prima di morire” è un racconto coerente e appassionato, a metà strada tra la tradizione del cantautorato italiano e le sonorità contemporanee dell’indie. Un mosaico di storie e sensazioni, dove ogni canzone diventa un frammento di un’unica narrazione, unite dal bisogno di denunciare i paradossi, le contraddizioni e le follie della vita quotidiana. Ne ha per tutti Simoncelli, dalla critica feroce contro i social (“Ora spegni il cellulare anzi buttalo via, che la vita dentro un corpo da modella nell’estetica del social è soltanto una bugia” nel brano Carolina), alla denuncia dell’orrore della guerra (“Guarda che navi, che bombe, che missili e mitra. Guarda l’orrore dei corpi straziati, le madri che piangono i figli Guarda che schifo!” di Ma non mi dire), passando per l’impegno civile in “Di amore e di politica”.

Il disco è nato in un periodo preciso oppure le canzoni sono arrivate in momenti diversi?
«È nato in una settimana scarsa, alla fine di un periodo nero, nerissimo nel quale ero piombato per motivi che non sto a spiegare. Non c’è nulla di meglio che la crisi, se gestita bene, per fare upgrade e spostarsi di livello. Come dice Vasco Rossi è stato un lavoro di ‘pancia’, 8 canzoni su 9 tutto di getto parole e musica… tutte insieme tranne ‘Natale Triste’ che era nel cassetto da un anno in attesa del proprio momento. Questa la genesi, poi ci siamo presi il tempo necessario per arrangiarlo con i miei musicisti (e suonarlo tutto dal vivo) e produrlo bene in auditoriarecords.com».

Nelle canzoni emergono giudizi pesanti a molti aspetti della modernità, ai social, ai profeti della tv, a Instagram. Come mai?
«È vero. Innanzitutto occorre dire che, per questioni di anagrafe, io ho vissuto il bello ed il brutto del pre-social e del post-social, e della tv spazzatura. Lo so che rischio di passare per l’ennesimo matusa della generazione X che: ‘he..però come era bello prima’, ma ragazzi, io c’ero: come era bello prima accidenti. Lo dico soprattutto ai giovani: prendete in mano il timone delle vostre vite e condizionate gli eventi invece di farvi condizionare, leggete libri, leggete tanto, più che potete…di chi vi vende le soluzioni prêt-à-porter attraverso i social networks domandatevi sempre da chi prende i soldi, cosa avete da guadagnare o piuttosto da perdere. Lo dico soprattutto ai giovani perché quelli della mia generazione che si sono fatti imbesuire dai nuovi standard algoritmici e da Maria de Filippi sono ormai irrecuperabili».

Tra i brani più intensi spiccano anche Il cantautore Lucio, un omaggio sentito a Lucio Dalla. Lo hai conosciuto?
«Non l’ho conosciuto di persona purtroppo, ma solo attraverso la sua opera e nei concerti a cui ho avuto il privilegio di assistere. Mi piacciono tantissime cose di lui. Era un musicista sopraffino, ottimo clarinettista per esempio, la sua scrittura per la parte musicale riesce ad essere sempre elegante e ricercata nonostante la sua semplicità. Era un ottimo cantante con un timbro da tenore particolare ed unico. I suoi testi riescono a portare sempre nel ‘film’ della canzone. In un brano come ‘Anna e Marco’ riesco a percepire il copione, la fotografia, la regia, i titoli di coda… e se l’ascolto cento volte mi commuovo cento volte. In più ci sono degli aneddoti legati a Lucio Dalla che mi riguardano: il mio omonimo pilota di cui ero tifosissimo ed al quale ho dedicato una canzone in passato si chiama Marco proprio per via della canzone che ho citato prima; il mio produttore Antonio Aki Chindamo muoveva i suoi primi passi in studio di registrazione presso il Castello di Carimate mentre Lucio registrava l’album ‘Dalla’ proprio lì con lui; Renzo Chiesa, al tempo giovane fotografo della copertina dell’album ‘Dalla’ è ora il fotografo della copertina del mio ‘Prima di Morire».

E dopo questo disco cosa vorresti fare prima di morire?
«Vincere l’Eurofestival ed esibirmi a San Siro di fronte a 90.000 persone, troppo? Però, anche se ‘sputo’ un po’ sugli algoritmi moderni bisogna ammettere che fanno da cassa di risonanza del gradimento del pubblico; per cui per esempio ‘prima di morire’ non mi dispiacerebbe che almeno la metà dei lettori andasse ora in questo momento sul mio canale Spotify per ascoltare e salvare la mia musica. Se arriviamo a 1.000.000 di ascolti vuoi vedere che a San Siro ci incontriamo davvero? Se non è San Siro mi accontento anche di piazza della Riforma a Lugano. Chiudo con una riflessione sincera, prima di morire voglio continuare a fare musica, continuare a dire quello che penso sperando di lasciare una testimonianza del mio passaggio su questa palla blu sospesa nell’Universo; E, ‘dopo di morire’, vorrei essere ricordato come uno che sapeva emozionare attraverso la musica».

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