«Non abbiamo più scelta: dobbiamo resistere»


Kandrax e Anaïs Kondo parlano di diritti politici e civili nel loro ultimo album R/EXIST.
Kandrax e Anaïs Kondo parlano di diritti politici e civili nel loro ultimo album R/EXIST.
LUGANO - La cantautrice svizzero-ucraina Anaïs Kondo e il produttore ticinese Kandrax hanno appena lanciato il loro primo album in inglese, intitolato R/EXIST. Un progetto musicale nato da un'idea semplice e potente: esistere è un atto di resistenza. E resistere significa continuare a raccontare.
Ma di cosa si tratta? È un album che parla di rifugiati di guerra e di donne, di persone che hanno perso tutto e, nonostante ciò, continuano a lottare. Non è un album militante, dunque, ma un progetto profondamente umano, che non pretende di dare risposte ma, anzi, invita a porre domande migliori.
Partiamo da una domanda estremamente semplice e scontata... Giusto per scaldarci. Come mai avete scelto di fare un album in inglese?
«Effettivamente eravamo partiti da una canzone in italiano, che si intitola “La fine di maggio” (anche presente nell'album, ndr.), ma ci siamo detti che, vista l'universalità dei temi che trattavamo, era meglio scriverlo in inglese».
Proprio ne “La fine di maggio”, si avverte una forte paura per ciò che sta accadendo nel mondo... Credete che ci troviamo in una fase di regressione?
«Sì, una regressione elegante e tecnologica. Sotto questa superficie, i diritti vengono calpestati, soprattutto quelli delle donne e delle minoranze. Ci siamo illusi che la storia fosse lineare. Ma la storia è una spirale. E a volte torna a bussare alla nostra porta. Penso che l'invasione russa dell'Ucraina sia stata il primo passo in questa direzione. Ha riportato la guerra in Europa».
È un album politico. Possiamo dirlo?
«Diciamo che parla di vite, non di schieramenti o bandiere. Difendere la dignità dell'essere umano non è fare politica. O per lo meno, non è quello di cui si occupa la politica di questi tempi, purtroppo».
Il brano “We stay and we rise”, è un invito a resistere. Vi sentite parte di un movimento?
«Non di un movimento visibile, ma di una resistenza diffusa, fatta di persone che non si arrendono alla semplificazione, all'odio o alla rassegnazione. Non abbiamo più scelta: dobbiamo resistere».