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LUGANO

«Non cambio solo l'abito, ma anche la vita»

Arturo Brachetti, considerato un mito vivente del mondo del teatro, arriva al Lac il 26 e 27 maggio per un imperdibile show
Foto Paolo Ranzani
«Non cambio solo l'abito, ma anche la vita»
Arturo Brachetti, considerato un mito vivente del mondo del teatro, arriva al Lac il 26 e 27 maggio per un imperdibile show

LUGANO - È considerato il re indiscusso del trasformismo, l'inarrivabile star del "quick change", l'uomo funambolo capace di cambiare abito di scena in un lampo.

Dicono che i suoi cambi di costumi di scena siano arrivati a questo punto della carriera alla longeva "età" di 300mila. Arturo Brachetti - di scena al Lac il 26 e 27 maggio con il One man-show "Solo" che porta oramai in giro da nove anni - è evidente sia un uomo posseduto dalle sue visioni, oltre che dal teatro nell'accezione dei suoi più profondi meandri. Attore ma anche regista e illusionista, vive di velocità, quasi in una sorta di bioritmi tarantolati.

Signor Brachetti, ma lei fa così anche nella vita reale? Che so, quando si infila il pigiama o si prepara per andare a una cena di gala?
«Faccio tutto velocemente, mangio velocissimamente, mi rompo le palle velocemente. Se vedo una cosa il mio cervello dice sempre: "E va beh...e adesso?". Come dire, tutto veloce, una sindrome da serie televisiva Netflix che avevo già trent'anni fa o del TikTok. Per esempio, adesso sto viaggiando ma mi sto tenendo, perché anche quando viaggio cerco di andare velocemente. Cioè il fatto di spremere il tempo, spremere la vita, mi è proprio congeniale. Il sottotitolo della mia vita è: "What's next?", cosa c'è di nuovo?».

Fa ancora scherzi da prete? Nel vero senso del termine, intendo. L'hanno vista più di una volta andare in giro vestito da curato.
«Tutto ha avuto inizio ormai venti/venticinque anni fa. Trovai una parrucca di Jean-Paul Belmondo nel cassetto del camerino del teatro dove stavo lavorando a Parigi. Una parrucca cinematografica, meravigliosa, capelli un po' ricci e grigini, da cinquantenne. Mi infilo un paio di occhiali Rayban che sembrano da vista, insomma, divento proprio uno sfigato cinquantenne e con quel look spesso andavo a teatro per non essere riconosciuto. Poi ho visto che potevo andare oltre e quindi mi travesto da prete, ho creato questa specie di Don Lorenzo. Ogni tanto i miei amici dicono "ma lo facciamo uscire questo Don Lorenzo?". E io mi vesto, mi metto i pantaloni con tutte le chiavi in tasca, hai presente che i preti hanno sempre tutte le chiavi dell'oratorio? E vado, andiamo in giro a fare i cazzoni e a fare scherzi. Non sempre, perché purtroppo ognuno ha le proprie vite e a volte è difficile trovarsi. Ma quando ci troviamo, andiamo...Per esempio, i ristoranti ci fanno gli sconti».

La ferma anche la Polizia però ogni tanto...
«Una volta mi hanno fermato perché andavo a 70 all'ora in un rettilineo dove il limite era 50. E, niente, il poliziotto mi dice..."Eh Padre, però, insomma, mi deve stare un pò attento». E gli rispondo: "Mi scusi, davvero, ma mi aspettano in parrocchia. Una funzione funebre". Funziona, e sa perché? Perchè l'abito fa il monaco».

Salendo la scala ecclesiale, corriamo il "rischio" di vederla girare vestito da Leone XIV?
«No no, non c'è questo rischio, nonostante io abbia anche fatto sei anni di seminario».

Non voleva certo fare il Papa da grande....
«
Le mie zie quando ero piccolo mi chiedevano: "Ma cosa vuoi fare da grande?" E io rispondevo: "Voglio fare il Papa. O il regista". Il Papa loro sapevano bene cos'era perché lo vedevamo in televisione. Il regista non sapevano cosa facesse. Gli dissi che era quello che faceva le scene, il "capo" del teatro. Poi capirono quando un giorno vidi in un titolo di coda la scritta "regia di Antonello Falqui", così urlai: "Voglio diventare come Antonello Falqui", che poi ho conosciuto e con cui ho lavorato anche insieme».

Vive di risate anche nel suo quotidiano e assieme alla sua piccola compagnia di giro alla "Amici Miei" scorazzate per le vie di Torino dove lei vive: i suoi concittadini la amano davvero? O qualche scherzo non è stato digerito bene? Sa com'è quel detto sul "piemontese falso e cortese"...
«Nooo...Torino è una città che mi coccola molto. Cioè, abbiamo questa specie di flemma sabauda per cui io me ne accorgo che a Torino la formalità è ritenuta molto importante, ma i torinesi sono squisiti con me. E non sono invadenti. Quando mi incontrano per strada magari mi fanno l'occhietto ma non si spingono a chiedermi dei selfie. Sono molto inglesi. Poi, pensi che io pago ancora il caffè a 1 euro a Torino, tanto per dire. In tanti caffè vado e il barista dice: "Ah Branchetti...il caffè per lei 1 euro».

Le hanno conteggiato le trasformazioni fatte sin qui in tutti questi 46 anni di teatro: siamo arrivati a 300mila...
«Li ha calcolati il mio ufficio stampa. Deve pensare che per anni con il mio One man-show sono arrivato a fare anche 100 personaggi per volta a sera»

E ha un deposito dove tiene i suoi 450 abiti di scena: ha detto che ad ogni costume corrisponde un ricordo.
«Nel magazzino di scena c'è un reparto dedicato ai costumi e io quando entro lì me li guardo: a volte i costumi dell'Ottantuno, dell'Ottantatre, capito ? Me li guardo e magari toccandoli, sai, è come vedere delle vecchie foto e così mi apre la porta del file, si apre la cartella. Mi ricordo di quando ero a Londra nell'Ottantatre o a Parigi nell'Ottanta, cioè mi ricordo con chi uscivo, cosa succedeva, come mi vestivo, le cazzate che facevo. Insomma, è come aprire un album dei ricordi, sì».

Il ricordo che, come un costume di scena, magari più di altri ama staccare dall'appendiabiti della sua memoria?
«Nooo, impossibile, ce ne sono troppi, e di belli. Veramente, se io morissi domani, prima di morire mi taglio il ciuffo cantando "Non, rien de rien, je ne regrette rien", capito? Perché per fortuna ho vissuto intensamente, ho spremuto il limone, ho conosciuto persone straordinarie soprattutto, e soprattutto nel mio mestiere uno incontra veramente sempre delle eccellenze che ancora adesso sono stimolanti».

La sua simbiosi con la metamorfosi l'ha aiutata a trasformare ogni volta anche la sua vita? Se ne crea ogni volta una tutta sua e a suo piacimento?
La vita mi dà un senso costante di instabilità e quindi di trasformazione necessaria. È necessaria perché la trasformazione è vita. Io sono in perenne trasformazione, nel mio cammino personale e in quello professionale. Per esempio, sto pensando a come rinnovarmi e probabilmente farò lo "show-teller", uno che racconta cose e in modo spettacolare. Gli inglesi lo chiamano educational entertainment e io sono bravino a raccontare aneddoti».

Lo spettacolo "Solo" che porta in giro apre un po' le porte di casa sua. Che fa per casa quando non fa teatro? Non mi dica che scende in strada a fare scherzi...
«Nooo...mi dò dei compiti, perché come le dicevo prima non sempre gli amici miei sono disponibili e da solo a fare scherzi è un po' tristino. Mi do' delle missioni, una di queste è il bricolage. Mi dedico tantissimo al bricolage. Ho una stanza piena di qualsiasi strumento, colle, tinture, molle, elastici, scatole, cassettiere piene di cose per aggiustare la casa, per fare esperimenti, per creare trucchi, quindi passo tantissimo tempo con le mie manine a fare delle cose, cose che magari mi servono anche in scena».

Però gira anche in bici elettrica per Torino. Dicono sembri una fuoriserie...
«È superaccessoriata e con le ruote ciccione così non finiscono dentro le rotaie del tram. È una "drag race bicycle"».

Frequenta oltre che i teatri anche i cinema: i suoi colleghi ce l'hanno con il governo e le politiche restrittive del ministro Giuli. Che ne pensa?
«Penso che loro hanno i finanziamenti e noi no, cioè molto meno. Quindi, in effetti, la gente del cinema è stata molto più fortunata di noi teatranti che abbiamo perso i supporti economici già da anni. Però devo dire la verità: il teatro e il cinema costano e la gente non è disposta a pagare il prezzo giusto, vero, per cui si compensano le spese . Allora che lo Stato ci aiuti. Io penso che sia giusto, soprattutto per quel che riguarda il mantenimento degli edifici teatrali, perché quelli costano molto. Così come costano molto le tournée: non ti nascondo che negli ultimi tre anni i prezzi dei viaggi e degli alberghi sono quasi raddoppiati. Il biglietto del teatro è raddoppiato? No. Io non sono per gli aiuti a pioggia, ma per gli aiuti a chi merita di essere aiutato. Ci dovrebbe essere una graduatoria tra chi ha delle buone critiche o dei buoni riscontri con il pubblico».

Che lei ha, anche con lo spettacolo che vedranno i luganesi...
«
È uno spettacolo di evasione totale, veramente di riconciliazione con il teatro. Se a teatro vi hanno annoiato, io mi tengo il diritto di una rivincita, perché son sicuro che avendo una sorpresa ogni 20 secondi questa volta non ti annoi!».

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