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LOCARNO

«Prima Fabri Fibra, poi il dolore. Lo incido per alleviarlo»

Il viaggio artistico del rapper ticinese Emanuel Cassiano, in arte Tikkiz Shelby: «Credo sia stata la sofferenza a permettere di elevarmi»
Jack Porfido
«Prima Fabri Fibra, poi il dolore. Lo incido per alleviarlo»
Il viaggio artistico del rapper ticinese Emanuel Cassiano, in arte Tikkiz Shelby: «Credo sia stata la sofferenza a permettere di elevarmi»

TENERO-CONTRA - «Che sia difficile emergere a livello musicale nel nostro cantone è vero, ma solo in parte. Il bacino di ascoltatori è limitato, però credo che, lavorando sodo e producendo musica di qualità, i propri obiettivi si possano realizzare. Anche sancendo l’unione tra giovani artisti indipendenti ticinesi». Cosa che ha fatto lo studente 23enne Emanuel Cassiano da Tenero, in arte Tikkiz Shelby, con il suo nuovo album "Emanuel", «che spazia tra il genere rap/hip hop e i suoi sottogeneri, trap e drill».

Emanuel, raccontaci qualcosa in più di questa collaborazione, tutta ticinese.
«L’album è stato prodotto in collaborazione con Gianluca Goldschmid, in arte Zanluc, e Gabe Chester: entrambi sono artisti e produttori musicali, rispettivamente di Locarno e Giornico. Insieme hanno curato le strumentali, il mixaggio e la masterizzazione, performando dal punto di vista canoro alcuni brani. Al progetto hanno preso parte anche i due rapper ticinesi Brick Drillaz e Rabra».

Il titolo dell'album, nonché il tuo nome, deriva dall'ebraico ‛immānū'ēl, "Dio con noi": c'entra qualcosa con la religione?
«Non tratto direttamente i temi religiosi, anzi desidero discostarmi dalle credenze che definiscono il rapporto tra il sacro e l’uomo. Non mi identifico in un particolare credo: il mio intento è trasmettere gli insegnamenti che si trovano nelle Sacre Scritture, unendoli alle mie conoscenze filosofiche e alchemiche per favorire un cambiamento universale».

In Ticino c'è un altro artista di Bellinzona, Stefano Vivanco in arte Nefasto, che tocca tematiche come speranza e perdono.
«Non conoscevo Nefasto, leggere questo articolo mi ha colpito molto: sono molto fiero del suo percorso e, inoltre, trovo alcune affinità tra noi».

Sei anche tu arrivato a temi più profondi dopo una "conversione"?
«Lo spiego nel trailer dell’album. "Lettera al Signore" è la storia di un uomo di scienza che si avvicina alla fede, dato che la razionalità non gli basta per spiegare i propri dubbi esistenziali: i riferimenti iniziali alla matematica ("formula universale", "zero al denominatore", "codice binario", "ipotesi di Riemann" ...) non sono casuali. Per me il Signore rappresenta il creato, l'universo, la fede, il credo di ognuno perché non ci sono verità assolute».

Allora, in cosa credi?
«Nella lettera esploro i miei pensieri più profondi, con tutte le mie perplessità sul nostro mondo, elencando le tragedie, la sofferenza e il male che vivo e vedo ogni giorno. Tuttavia, alla fine del brano, vi è il raggiungimento della consapevolezza che, nonostante il globo sia governato dalle forze del male, avremo sempre la possibilità di fare del bene e di poter cambiare il destino dell'umanità. Questa è la mia idea di fede spirituale».

Quella che poi percorri per tutto l'album.
«"Emanuel" è un viaggio. In "Petit Frère", seconda traccia, racconto la mia adolescenza, l'ingenuità e la voglia di rivalsa di un giovane cresciuto in un contesto difficile. Dopodiché vi è un climax crescente che alza il registro e la complessità degli argomenti, come con la traccia dedicata alla prima cantica della Divina Commedia di Dante, "Inferno". In "Lucifer" emergono invece temi tratti dalle Sacre Scritture, in particolare quello ricorrente dell'Apocalisse, che fotografo in "Zombie", fino alla conclusione con "Addio"».

Dopo aver lasciato un messaggio a chi ti ascolta.
«Sì, indurre l'ascoltatore a interrogarsi e a essere più critico nei confronti del sistema, rendendolo consapevole in merito alla brutta piega che sta prendendo l'umanità. All'interno del disco c'è la mia evoluzione, partendo dal ragazzino incosciente di "Petit Frère" che si interroga sui temi filosofici legati all'esistenza, trasmettendo a chi lo circonda le proprie perplessità, con l'obiettivo di favorire un cambiamento globale».

Facciamo un passo indietro: come sei arrivato alla musica?
«Mi sono avvicinato al rap come ascoltatore ai tempi delle medie, quando mio padre mi regalò un cofanetto di tutti gli album di Fabri Fibra: sono rimasto ammaliato dalla possibilità di esporre concetti ed emozioni in rima. Ho iniziato ad avvicinarmi alla cultura hip hop, prima praticando il freestyle, poi maturando anche esperienza in Italia, dove ho partecipato a prestigiosi eventi come le "Tecniche Perfette". Successivamente mi sono dedicato alla scrittura, realizzando un mixtape e due album in studio».

Scrivi testi rap e poesie, perché?
«Inizialmente sono stato spinto dalla voglia di rivalsa: il mio rap risultava molto vicino allo stile delle battaglie freestyle, con versi autocelebrativi legati all’ego. Con il passare degli anni ho raggiunto una maturità che si è riflessa anche sulle mie composizioni: i testi sono diventati più ricercati e profondi. Credo sia stata la sofferenza a permettere di elevarmi: mi ha spinto a incidere il dolore per alleviarlo e a diventare voce di conforto per chi mi ascolta».

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