Il cantante napoletano si esibirà a Locarno domenica 27 al Palazzetto Fevi.
LOCARNO - Sarà un viaggio musicale lungo tutti gli anni ottanta, il decennio più importante e più ricco di successi per Nino D'Angelo. Il cantante napoletano, dopo il concerto di sabato 26 aprile a Zurigo, farà tappa a Locarno domenica 27 al Palazzetto Fevi (clicca qui per i biglietti). Un'occasione unica per rivivere quella che è stata descritta come una grande festa attraverso i brani entrati nel cuore di più generazioni come "A' Discoteca", inno nelle discoteche italiane negli anni '80, "Jamaica" con il suo ritmo coinvolgente, "Popcorn e Patatine" pezzo che ha accompagnato l’omonimo film e racconta la bellezza di un amore spensierato, "Maledetto Treno" un brano toccante dal testo commovente e tante altre hit.
Deriso e snobbato dalla critica
Nino D’Angelo è stato per anni snobbato dalla critica e deriso per il suo repertorio neomelodico. Eppure mentre la critica italiana non lo considerava, una grande del jazz mondiale - Miles Davis - dichiarò di ascoltare le canzoni di Nino d’Angelo. Così ha raccontato lo stesso cantante. «Un giorno Billy Preston, il quinto Beatles, mi disse: “Miles Davis mi ha parlato di te”. E chi lo conosceva. Io non sapevo proprio chi fosse, quel Miles Davis. Pensavo fosse un calciatore appena comprato dal Napoli. Non so come mi scoprì. Fatto sta che Billy Preston mi raccontò che Miles Davis a casa sua organizzava delle feste a tema Napoli con le mie canzoni». La leggenda narra anche che Miles Davis scoprì Nino D’Angelo sentendolo cantare dalla radio di un Taxi a Palermo. Chiese al taxista chi fosse quel cantante e di accompagnarlo a comprare i suoi dischi.
Nelle mire della camorra
Nino D’angelo vive a Roma insieme alla moglie Annamaria e ai suoi figli. Ha abbandonato Napoli negli anni ottanta, dopo un episodio drammatico. Fu la camorra a farlo scappare. Gli sparò dei colpi di pistola contro le finestre di casa sua. «Avevo i figli, ci spaventammo e ce ne andammo via. Amo molto Napoli, ma a causa di quell’episodio - la camorra non guarda in faccia a nessuno - fuggimmo affinché i miei figli non avessero paura».
Troppo brutto per fare successo: la storia del caschetto
Il celebre caschetto biondo di Nino d’Angelo fu creato da un parrucchiere, dopo che a Nino gli ripetevano continuamente che non avrebbe mai potuto fare successo con l’aspetto che aveva. Così ha raccontato il cantante: «Tutti mi dicevano che non ero bello e che non avevo nemmeno il fisico. Tra me e me pensavo: ma perché tutti giudicano il mio aspetto fisico e non la voce? Uno dei miei impresari, che era più ignorante di me, insisteva su questo aspetto. Un bel giorno, andai dal mio amico barbiere e gli chiesi di inventarsi per me un taglio particolare. Parlando parlando, decidemmo di provare questo caschetto biondo. Ua’ ci fu la svolta. Quello stile fece subito tendenza. Le ragazzine impazzirono. Ma anche tanti uomini iniziarono a emularmi».
Annamaria
In molti film musicali degli anni ottanta interpretati da Nino d’Angelo, la sua partner femminile era spesso l'attrice Roberta Olivieri, che nei film aveva il nome di Annamaria. Si tratta dello stesso nome della moglie di Nino d’Angelo. «I primi film che ho fatto avevano protagoniste femminili che si chiamavano Annamaria. Il regista sceglieva questo nome per convincere mia moglie che io la pensavo sempre anche sul set. Io e lei siamo cresciuti insieme. È nata povera come me. Era una ragazza speciale e oggi è una grande donna che io amo alla follia. Lei è un po’ più colta ed evoluta di me, lo ammetto. Abbiamo due figli meravigliosi, Antonio di 45 anni e Vincenzo, 41 e i miei splendidi nipoti». Il cantante ha anche sei nipoti. «Sono i miei diamanti, i giocattoli che non ho avuto da bambino. Se posso, faccio passare loro tutti gli sfizi. Sono tutti quanti una fabbrica di bellezza».
Commesso in un negozio
Le origini di Nino d’Angelo sono molto umili. Primo di sei figli, il cantante ha vissuto un'infanzia molto difficile. A causa delle condizioni economiche della sua famiglia ha lasciato presto la scuola, dopo la terza media, per iniziare a lavorare. È stato commesso in un negozio di scarpe, cantante ai matrimoni e gelataio alla stazione di Napoli Centrale. I primi dischi incisi li vendeva porta a porta presentandosi nelle case. «La povertà che ho vissuto è stata per me una ricchezza, perché quel ricordo mi permette di comprendere chi ha meno di me e di altri e di combattere, , quando posso, per loro. Devo essere il cantante degli ultimi? Va bene. Dei poveri? Va bene. Io voglio essere il cantante della gente vera, quella che ha ancora dei valori. Gli altri possono anche ridere delle mie canzoni, non m’interessa».